domenica 30 dicembre 2012

On 11:14 by SA DEFENZA   No comments
Chiara Rossi 
 yogavitaesalute

Scie Chimiche e la Chimica dell'Acqua - prima parte
Ho una formazione di carattere scolastico e scientifico in chimica, dai miei primi vagiti ho sempre avuto una predilezione per l'acqua. Ricordo che, ad appena 2 anni, quando i miei genitori mi portarono al mare, le mie parole già suggerivano l'intento: volevo nuotare dove non si toccava, dove l'acqua diventa un tutt'uno con la persona, era importante e lo è tutt'ora. Per me l'acqua assume il significato di vita nella sua forma di bene che unisce tutti e che, nell'intento distruttivo di pochi, rischia di essere strumento di morte per molti e di potere per quei pochi parassiti che pure la vogliono sfruttare economicamente.
I miei studi sono sempre stati affascinati dall'elemento acqua, ho potuto fare un'esperienza stagistica presso l'acquedotto comunale della provincia in cui abitavo, in qualità di perito chimico ho lavorato per anni presso una ditta dove quotidianamente analizzavo l'acqua. Conosco le analisi dal punto di vista chimico, microbiologico e come si può stabilire se un corso d'acqua è sano.
Nel tempo l'uomo ha cancellato, modificato, stravolto ed infamato l'elemento acqua, bene essenziale per la vita tutta: infatti senza l'acqua la vita non esisterebbe.
Immergiamoci per gradi nello specifico: ci ricordiamo il ciclo dell'acqua? Tale processo è conosciuto tecnicamente come ciclo idrologico. L'acqua circola all'interno dell'idrosfera, che rappresenta tutte le acque presenti nel sottosuolo e nella superficie del pianeta, e cambia di stato fisico tra la fase liquida, solida e gassosa. Il ciclo idrologico è l'infinito scambio di massa idrica tra l'atmosfera, la terra, le acque superficiali, le acque sotterranee e gli organismi. Se l'atmosfera è inquinata, inevitabilmente lo sarà anche l'acqua, con i suoi tempi: niente è disunito nella vita! L'acqua è formata da un atomo di ossigeno e da due atomi di idrogeno, disciolti nella stessa possiamo trovare quantità minime di altri componenti quali sali, particelle presenti come anioni o cationi, che definiscono con cosa è venuta in contatto.

CHE COS’È L’ACQUA POTABILE?

Per definizione: è detta potabile l’acqua destinata al consumo umano, impiegata nella preparazione degli alimenti senza danneggiare la salute. I danni alla salute possono insorgere se l’acqua, durante il suo ciclo, raccoglie sostanze contaminanti, che possono essere naturalmente presenti nell’ambiente o disperse dalle attività umane per sbaglio o con intento, se la volontà di bene comune viene meno.
Secondo l'ultimo decreto ministeriale D.Lgs. 2 febbraio 2001 n.31, l'acqua deve avere determinate caratteristiche per essere definita potabile. Dal punto di vista chimico e dal punto di vista qualitativo, per esempio, deve essere inodore ed incolore; inoltre aggiungo che, per finalità di potabilizzazione, l'acqua viene addizionata di cloro o suoi derivati, che a contatto con l'aria si volatilizzano. Il cloro ha azione disinfettante, la sua aggiunta è necessaria perché l'acqua compie un lungo tragitto fino ad arrivare nel nostro bicchiere, a meno che non viviamo vicini ad una sorgente... ma ciò sarebbe possibile in un mondo ideale che rispetta il pianeta e non che ne sfrutta ogni risorsa allo stremo.

In questa sede vorrei portare l'attenzione su elementi che non dovrebbero essere presenti in grandi quantità nell'ambiente che circonda il ciclo dell'acqua, ma che ugualmente fanno capolino nelle nostre falde: punto l'attenzione sull'alluminio, la silice, batteri di ogni tipo e filamenti polimerici di origine sintetica (quindi creati in laboratorio), elementi che numerosi ricercatori ci insegnano come derivanti dalle scie chimiche.
Genova, il Corriere Mercantile del 26-01-2012 denuncia alluminio nell'acqua potabile, 670 micro grammi per litro; il limite stabilito per legge é, ad oggi, di 200 micro grammi per litro.1
La domanda è lecita: perché questa presenza anomala?
Una elevata assunzione di alluminio può influenzare negativamente la salute e provocare danni ai nervi. È probabilmente mutageno e cancerogeno, inoltre si sospetta una correlazione fra l'assorbimento di alluminio e l’aumento del numero di casi di Alzheimer.2
L'accumulo delle particelle d'alluminio può causare disordini funzionali ai polmoni. Il cloruro di alluminio può corrodere la pelle, irritare le membrane mucose negli occhi e causare traspirazione, mancanza di respiro e tosse. L'allume, o solfato di alluminio, combinazione tra zolfo e alluminio, aumenta la coagulazione del sangue con conseguenze all'apparato circolatorio. Questa carrellata di sintomi viene denunciata da migliaia di persone ed è dovuta alla continua irrorazione a cui siamo sottoposti.
Respiriamo questi elementi tossici, ne siamo a contatto con la pelle, e attraverso l'acqua rischiamo un'ulteriore intossicazione... ma noi mica glielo abbiamo chiesto questo 3 per 2!
Questo è solo l'inizio dell'indagine che percorreremo insieme nel corso di questi articoli, dal taglio semi scientifico, al fine di fare chiarezza su ciò che stiamo accettando passivamente. Per dover di cronaca ricordo anche che è stata subdolamente invalidata recentemente la decisione popolare della non privatizzazione dell'acqua potabile, mi riferisco in specifico alla fusione di Hera ed Acegas.3
L'acqua, come vi ho detto fin dall'inizio, è il bene comune per eccellenza, se non ci svegliamo e ci riprendiamo ciò che è nostro di diritto come umanità, rischia di divenire veicolo del male che dirama i suoi artigli, raggiungendoci veramente in modo infido!
To be continued...

Fonti:


1    http://lesciechimicheagenova.blogspot.ch/2012/01/allarme-alluminio-nellacqua-potabile.html

2    http://scienzamarcia.blogspot.ch/2012_09_01_archive.html
3    http://www.ilmanifestobologna.it/wp/2012/10/fusione-hera-acegas-progetto-oscuro-taciuto-ai-comuni-solo-il-pd-di-bologna-sostiene-la-privatizzazione-dellacqua/

venerdì 7 dicembre 2012

On 06:19 by SA DEFENZA   No comments
Dati e Previsioni al 5 dicembre 2012 
augustforecast.com

Dopo il crollo quasi totale del settore finanziario nel 2008, ci si sarebbe potuto aspettare che le grandi banche smettessero – o perlomeno diminuissero – il loro esagerato dedicarsi ad operazioni a rischio. Purtroppo non è stato così. Anzi, ad essere sinceri, è successo esattamente il contrario: il livello di rischio finanziario detenuto attualmente dalle grandi banche è il più altro di sempre.

Le principali 9 grandi banche [private] hanno un’esposizione in derivati pari ad oltre 200 trilioni di dollari [200.000.000.000.000 di dollari o 320.000.000.000.000.000 – trecentoventi milioni di miliardi – delle vecchie lire, ndt], un valore che è oltre 3 volte l’intera economia mondiale. Se poi prendiamo in considerazione tutte le banche globali, il valore nominale dei derivati supera abbondantemente i 1.500 trilioni (1.000 trilione = 1 quadrilione di $; un valore pari a 22 volte l’intera economia mondiale).


 
I mercati dei derivati non hanno alcuna regola. Vige esclusivamente la legge della giungla. Predatori e prede lottano per la sopravvivenza in sale poco illuminate dove si determinano gli scambi. Se un amico predatore viene divorato, la notizia viene appresa con gioia; significa che ne rimane di più per i sopravvissuti.

Detto in parole semplici, un derivato è una scommessa circa il verificarsi o meno di un evento futuro. Mentre un allibratore raccoglie la scommessa sull’esito di una corsa dei cavalli prevista per la prossima settimana, gli operatori sui derivati scommettono su avvenimenti distanti mesi, od anche anni.

Ecco come funziona una scommessa sui derivati: acquisto obbligazioni societarie, con basso rating, per 1 milione di dollari, un rendimento del 6 % ed un rimborso nominale fra 10 anni. So che esiste un rendimento più alto perché c’è un rischio più alto che l’obbligazione non venga onorata, cioè un rischio di fallimento. A quel punto, cerco uno scommettitore che, ad un costo che ritengo ragionevole, punti contro tale fallimento. Cerco cioè un banchiere X che ritiene che le mie obbligazioni alla scadenza saranno rimborsate e che mi addebita 25.000 dollari a fronte dell’assicurazione – che mi fornisce – contro il fallimento.

In cosa consiste questa assicurazione? Se ci sarà il fallimento, il banchiere mi pagherà la differenza fra quanto ho già incassato e quanto mi rimane. I 25.000 dollari sono, per la banca, un guadagno netto; di fatto non viene registrata nel bilancio nessuna passività.

Ma se l’azienda che ha emesso le obbligazioni va a gambe all’aria in 5 anni, e la mia perdita è di 800.000 dollari, il banchiere mi deve immediatamente tutti gli 800.000 dollari, che è quello che viene indicato come valore nominale del contratto. Così, a causa di tutte le variabili in gioco, il valore nominale corrente di un contratto sui derivati può solo essere ipotizzato.

Se chiedi ad un allibratore per quanto è esposto, ed immaginiamo che ti dica 100.000 dollari, lui sa che non perderà tutte le scommesse. Alcune saranno in perdita ed altre in vincita. Se è in gamba, ne ricaverà una rendita settimanale: pagherà meno scommesse di quelle che incasserà. Se gli va storta e non può pagare, allora i clienti lo cercheranno per suonargliele.

I banchieri trattano i derivati allo stesso modo: sanno che perderanno alcune scommesse, ma essendo personalità megalomaniache, si immaginano che vinceranno più di quello che perderanno e pensano quindi che più scommesse accettano, più guadagneranno. È questo il motivo per il quale il mercato dei derivati continua ad espandersi.

I venditori di derivati hanno raccolto – e fatto abboccare – vagonate di compratori che erroneamente credono di poter ridurre il proprio rischio aggiungendo derivati alle proprie operazioni esageratamente rischiose. In altre parole, se non ci fosse il mercato dei derivati, per prima cosa la gente non farebbe investimenti tanto rischiosi. La tentazione di prendere un rischio troppo alto, perché sono disponibili i derivati, si chiama azzardo morale.

È opinione dello scrivente che l’intero mercato dei derivati non sia che un pentolone interamente pieno di tale azzardo. Quando le cose andranno nuovamente male, questo mercato distruggerà l’intero sistema finanziario mondiale: banche centrali, banche, compagnie di assicurazione, portafogli di ricchi investitori, fondi pensione, ricchi fondi sovrani, tesorerie di Stato, ecc.

Ma non basta. C’è un ulteriore azzardo morale reso possibile dal mercato dei derivati: un azzardo che, per coloro che si augurano la morte del capitalismo e che invocano l’Armageddon finanziario, sembra molto vicino...

Il saggio agricoltore mette via dal raccolto di quest’anno abbastanza sementi da seminare l’anno prossimo. Questa saggezza, nel resto dell’America, si è persa: ci siamo già mangiati i semi di parecchi anni a venire.



Il grafico qui sopra mostra gli Investimenti Interni Netti [Net Domestic Invest­ment, NDI] in percentuale contro il PIL [GDP, Gross Domestic Product]. L’NDI sottrae il deprezzamento, cioè l’erosione del capitale fisso. A partire dal 1965, il tasso di crescita dell’NDI è calato, ed ora è inchiodato a zero.

Da un simile grafico si possono dedurre parecchie cose, ma una è una decisiva su tutte: una società in salute riesce a rimpiazzare con continuità il capitale di investimento, una società in declino, NO. L’economia americana richiede, perché ci sia una vera svolta, che venga reinvestito nei mezzi di produzione – beni capitale ed infrastrutture – un valore compreso fra il 6 ed il 10% del PIL.

Date le attuali condizioni economiche, la cosa è semplicemente impossibile... la scorta di semi è andata da un pezzo.