martedì 6 novembre 2012

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NSS war game simulates regional conflict scenario of a unilateral Israeli strike without US participation.

IAF F-15s refueling midflight [file]  
Photo: Baz Ratner / Reuters

for National Security Studies (INSS), ha recentemente simulato le prime 48 ore dopo un attacco unilaterale – dunque senza partecipazione USA– portato dall’esercito israeliano contro l’Iran ed effettuato dopo la mezzanotte del 9 novembre.

L’istituto, di base nell’Università dei Tel Aviv, ha dato inizio alla simulazione con il seguente annuncio: «Al Jazeera riferisce che aerei israeliani hanno attaccato siti nucleari iraniani con tre successive ondate. Le fonti ufficiali israeliane hanno poi confermato di aver attaccato i siti nucleari iraniani visto che non c’era altra scelta». Nella proiezione, gli attacchi distruggono con successo i siti nucleari iraniani e rispediscono il programma nucleare iraniano indietro di 3 anni.

Quale parte della simulazione, l’Iran risponde con tutte le proprie forze, spara circa 200 missili Shihab contro Israele, in due ondate, ed incita i propri alleati Hezbollah, Hamas ed altre organizzazioni radicali, affinché attacchino Israele. Nel gioco di guerra, inizialmente l’Iran si astiene dall’attaccare obbiettivi USA nella regione del Golfo Persico ed Israele, forte del proprio successo, cerca di contenere gli attacchi e di far sbollire la situazione e mettere fine alle ostilità il prima possibile.

La comunità internazionale rimarrà paralizzata a causa dei tentativi russi di sfruttare la situazione per favorire i propri interessi strategici.

Nelle prime 48 ore Israele condurrà un quarto assalto contro l’Iran per completare la distruzione di un sito nucleare di primaria importanza.

Dichiara l’INSS: «Lo scopo strategico di Israele è quello di prevenire un’espansione della guerra a livello regionale e cercare di raggiungere il prima possibile un livello nel quale gli incidenti siano sotto controllo, di bassa intensità».

All’interno della simulazione, gli USA – benché non fossero stati preavvisati dell’attacco – staranno chiaramente dalla parte di Israele senza opporre divisioni, anzi mostrando un fronte unito e riducendo così le possibilità di un crescendo bellico nell’area. Manifesteranno la propria volontà di ritornare al tavolo dei colloqui con l’Iran e di alleggerire le sanzioni in cambio di un ritiro iraniano [dal programma] e dell’annuncio che cessi ogni attività nucleare a scopo militare. La posizione americana sarà dunque politica, posizione che indicherebbe un coinvolgimento solo nel caso in cui l’Iran decidesse di chiudere lo Stretto di Hormuz o attaccasse interessi od impianti petroliferi USA nel Golfo.

All’inizio, Teheran farà di tutto per evitare uno scontro armato con gli USA. Ma i partecipanti evidenzieranno come «più Teheran verrà messa all’angolo e si ridurranno le sue opzioni, più comprenderà che la sua carta migliore sarà quella di agire contro gli interessi USA nel Golfo e chiudere lo Stretto di Hormuz». Così afferma l’INSS.

Nel gioco, i vicini libanesi sciiti di Hezbollah si troveranno  a dover scegliere: da una parte saranno messi sotto pressione dagli iraniani perché colpiscano Israele con missili. Teheran dirà ad Hezbollah che «questo è il giorno del giudizio». Dall’altra, Hezbollah sarà frenato dal timore di causare, ancora una volta, danni al Libano.

Così prosegue l’INSS: «Pertanto, Hezbollah accetterà di soddisfare parzialmente le richieste iraniane e lancerà missili contro obbiettivi israeliani, soprattutto aeroporti  e sistemi di difesa attiva». Ed aggiunge: «La contenuta reazione israeliana acuisce il dilemma di Hezbollah, e ne rinforzerà la decisione di sparare un numero relativamente limitato di missili e solo su bersagli militari».

Anche il giocatore che rappresenta Hamas sceglie una partecipazione media, mostrando un certo coinvolgimento a favore dell’Iran, ma cercando di evitare di dare ad Israele un motivo per una forte offensiva di terra nella Striscia di Gaza.

Egitto, Arabia Saudita, Giordania, Stati del Golfo e Turchia agiranno tutti nel proprio interesse, prendendo le distanze dal conflitto e cercando di evitare un crescendo regionale.

L’INSS fa notare che tutti i partecipanti alla simulazione agiranno in modo «molto razionale, attivando politiche mosse solo da interessi essenziali ed ignorando i condizionamenti interni ed esterni».

All’interno della simulazione, la cittadinanza israeliana sarà in grado di accettare un conflitto esteso e ciò anche grazie alla convinzione che l’attacco all’Iran sia necessario e vitale per loro; il successo delle operazioni militari non farà che rafforzare la loro determinazione.

La Repubblica Islamica, appoggiandosi fortemente sui propri alleati, scoprirà che i propri mezzi per attaccare direttamente Israele saranno limitati. Mentre avrà maggiori possibilità di azione contro gli interessi USA nel Golfo, attraverso la minaccia della salita dei prezzi del petrolio; ma capirà ben presto quanto enorme sarebbe il costo di un coinvolgimento USA all’interno del conflitto.

«Dopo due giorni, gli iraniani – ed in misura minore i loro alleati – continuano a portare attacchi contro Israele. La crisi non sembra avvicinarsi ad una soluzione». E qui termina il gioco per l’INSS.

L’INSS ha poi dichiarato che il gioco era stato programmato all’inizio dell’anno, quando sembrava che proprio questo autunno sarebbe stato il momento decisivo per risolvere la questione iraniana realmente. «Da allora – aggiunge – le cose si sono un po’ raffreddate, ma dopo le elezioni, verso la primavera, la questione di un attacco verrà di nuovo a galla. È pertanto vitale un continuo esame delle possibili conseguenze».

Riguardo all’esito di un attacco israeliano all’Iran, all’interno dell’INSS vi sono due scuole di pensiero: la prima prevede lo scoppio di un più ampio conflitto regionale, la seconda ritiene che – data la presenza di meccanismi limitanti – siano scarse le possibilità che l’Iran possa dar fuoco al Medio Oriente.

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