venerdì 24 maggio 2013

On 13:49 by SA DEFENZA   No comments

Un laboratorio chiamato Adriatico 

Il caso della piattaforma "Giovanna", nella provincia di Teramo, dove Eni-Agip ha operato negli anni 90. Come estrarre gas "fratturando" il fondo servendosi di acqua marina. Volumi triplicati, costi ridotti. Anche grazie a concessioni convenienti

di Pietro Dommarco 

“Fino al 1992 nel mio pezzo di mare, abbastanza lontano dalla costa, pescare era una bellezza. Ma quando è arrivata Giovanna ho smesso, perché l’acqua non era più la stessa”. 
Con queste parole Aldino ricorda il suo passato da pescatore. Tossisce, si ferma un attimo, appoggia la cornetta sul tavolo, si allontana, e poi ritornando al telefono dice che “il mare di fronte al tratto di costa tra Montesilvano e Marina di Silvi e Giulianova pure oggi non è lo stesso. A me non piace più”. Siamo nel medio Adriatico, in Abruzzo, nella provincia di Teramo dove le numerose piattaforme di gas -monotubolari, bitubolari e reticolari- hanno cambiato le abitudini dei pescatori. Anche se fino al 2002 (anno in cui è entrata in vigore un’ordinanza della Capitaneria di Porto di Pescara, ndr) pescare in prossimità delle piattaforme metanifere era quasi una regola fissa. Una di queste è la piattaforma “Giovanna” (in foto), realizzata nel 1992, e localizzata a poco più di 23 miglia dalla costa. A 37, 38 chilometri dalla terraferma.
 
Il giacimento di gas “Giovanna” fu scoperto da Agip e Deutsche Shell nel 1988, dopo 6 anni dalla messa in produzione del giacimento “Emma”, con omonima piattaforma. Entrambe si trovano all’interno della 
concessione di coltivazione “B.C 10.AS”, conferita il 16 dicembre 1980 e per la quale alle due compagnie fu addebitato un canone annuo di 867.400 lire. 40 lire per ettaro. Nel 1993 la Edison Gas subentra alla Shell, nel 1998 l’Eni prende il posto dell’Agip e nel 2010 l’Adriatica idrocarburi spa rileva le quote di Eni, affiancandosi alla Edison. Secondo gli ultimi dati forniti dal ministero dello Sviluppo economico negli ultimi dieci anni la produzione media è stata di quasi 255 milioni di metri cubi di gas ed i pozzi produttivi sono 12, anche se ne sono stati perforati almeno una quarantina.
Il signor Aldino pur affermando che “l’acqua non era più la stessa”, non poteva sapere che il giacimento “Giovanna” -oltre a cambiare presumibilmente il suo destino di pescatore- è stato oggetto di una particolare sperimentazione di fratturazione idraulica (chiamata fracking). A darne notizia un articolo scientifico pubblicato il 17 luglio 2000 su Oil&Gas Journal, dal titolo “Seawater streamlines polymer-free fracturing” (L’acqua marina accelera la fratturazione senza polimero). Lo studio si è focalizzato in un periodo che va dal 1994 al 1999 ed ha interessato la riperforazione dei pozzi 6, 12 e 20. Il primo tuttora produttivo. Il secondo ed il terzo produttivi ma non più eroganti. 
“Un nuovo fluido, basato sull’acqua marina e senza polimeri, ha migliorato l’efficienza operativa di 23 banchi di frattura nell’area Giovanna di Eni Agip, fuori dall’Italia nel Mare Adriatico. I trattamenti facevano parte di un pozzo a tre vie, programma di riprocessamento multizonale, che richiedeva una stimolazione con frattura di grandi dimensioni. Per Eni-Agip, questi costituivano i primi trattamenti riusciti che includevano acqua marina come fluido base per il sistema ClearFrac di Schlumberger, un fluido di frattura senza polimeri, viscoelastico tensioattivo (VES)”. Si apre così il documento. In sostanza, l’acqua marina “è stata usata come fluido base per ridurre i costi di frattura in mare aperto in diverse parti del mondo, ma i risultati del trattamento sono stati confusi” […] “Le recenti operazioni di frattura nel Mare Adriatico hanno dimostrato che l’acqua marina è una base efficace” […] “L’acqua  marina riduceva  anche i costi incrementando l’efficienza operativa e preservando i tempi della piattaforma e del processo”. In pratica, prima di accertare con successo le operazioni di ingegneria mineraria e geologica applicata all’industria estrattiva, le estrazioni di gas a mezzo fatturazione idraulica venivano operate utilizzando un fluido di polimeri HEC (idrossietilcellulosa). Invece, in questo caso i tecnici di Eni-Agip -operanti sui pozzi dell’area Giovanna- hanno sperimentato un fluido viscoelastico tensioattivo, appunto il VES. Attraverso le analisi chimiche hanno stabilito che questo tipo di fluido era più funzionale rispetto all’HEC, perché riusciva ad agire senza polimeri e, cosa non meno secondaria, a utilizzare esclusivamente acqua marina. Con questa sperimentazione di fratturazione idraulica si è reso possibile il riprocessamento di pozzi ritenuti esauriti o a scarso rendimento, estraendone il più possibile il contenuto di idrocarburi (in questo caso gas), triplicazione dei volumi di materiale estratto e decisa contrazione del volume dei costi e dei tempi morti di produzione. Ed è proprio il caso dell’area  “Giovanna”, caratterizzata da strati di scisto e contenente “formazioni più sporche e con minor permeabilità con contenuto di argilla elevato fino al 50%”. Una sperimentazione riuscita, tanto da essere ripetuta qualche anno più tardi, in più a nord, nel mare di fronte le coste di Falconara marittima, nel giacimento “Barbara”. Un campo off-shore di sfruttamento del gas enorme, nel quale sono stati perforati dagli anni Settanta ad oggi oltre 100 pozzi, gran parte direzionali, ed installate ben 11 piattaforme. Alcuni degli autori dell’articolo, dopo un passato in Eni, oggi lavorano presso l’Halliburton, la prima azienda ad usare commercialmente questa tecnica di stimolazione dei giacimenti.
Non è, comunque, la prima volta che il mar Adriatico è trasformato in banco di prova. Ad esempio -più a Sud rispetto alla piattaforma Giovanna- di fronte le coste di Vasto, nella concessione ad olio “Rospo Mare”, la Elf Italiana perforò uno dei primi pozzi orizzontali in Europa, il “Rospo Mare 6 dir”. Era il 1982 e la storia è raccontata in uno stralcio di documento della stessa azienda.  

sabato 18 maggio 2013

On 13:45 by SA DEFENZA   No comments
MonsantoProtests
di 

Vandana Shiva 
Tradotto da  Giuseppe Volpe


“La Monsanto è un’impresa agricola.
Applichiamo innovazione e tecnologia per aiutare i coltivatori di tutto il mondo a produrre di più conservando di più.
Produrre di più – Conservare di più – Migliorare la vita dei coltivatori.”

Queste sono le promesse della Monsanto sul suo sito Web, assieme a fotografie di agricoltori prosperi e sorridenti dello stato del Maharashtra. Si tratta di un tentativo disperato della Monsanto e della sua macchina della propaganda di separare l’epidemia di suicidi di contadini in India dal crescente controllo della società sulle forniture delle sementi di cotone; il 95% dei semi di cotone in India è oggi controllato dalla Monsanto.

Il controllo sui semi è il primo anello della catena alimentare perché i semi sono la fonte della vita. Quando un’impresa controlla i semi, controlla la vita, specialmente la vita degli agricoltori.

Il controllo concentrato della Monsanto sul settore delle sementi in India, così come in tutto il mondo, è molto preoccupante. E’ ciò che collega i suicidi dei contadini indiani alla causa ‘Monsanto contro Percy Schmeiser’ in Canada, a quella ‘Monsanto contro Bowman’ negli Stati Uniti e agli agricoltori del Brasile che hanno citato la Monsanto per 2,2 miliardi di dollari per lo scorretto incasso di diritti.

Mediante i brevetti sui semi la Monsanto è diventata il “Signore della Vita” del nostro pianeta, incassando rendite dagli agricoltori, i selezionatori originali, sul rinnovo della vita.

I brevetti sui semi sono illegittimi perché inserire un gene tossico nella cellula di una pianta non è “creare” o “inventare” una pianta. Questi semi sono un inganno; l’inganno che la Monsanto sia la creatrice dei semi e della vita; l’inganno che mentre la Monsanto cita in giudizio i contadini e li intrappola nei debiti, pretende si lavorare per il benessere dei contadini, e l’inganno che gli OGM alimentino il mondo. Gli OGM non riescono a controllare i parassiti e le infestanti e hanno invece portato all’emergere di super-parassiti e super-infestanti.

L’ingresso della Monsanto nel settore indiano delle semenze è stato reso possibile da una Politica delle Semenze del 1988 imposta dalla Banca Mondiale, che impose al governo indiano di deregolamentare il settore dei semi. Cinque cose sono cambiate con l’ingresso della Monsanto. Primo: le imprese indiane sono state intrappolate in accordi di joint-venture e di licenze, e la concentrazione nel settore delle sementi si è accresciuta. Secondo: i semi che erano stati la risorsa comune degli agricoltori sono diventati “proprietà intellettuale” della Monsanto, che ha cominciato a incassarne i diritti, aumentando così il costo di essi. Terzo: l’impollinazione naturale dei semi di cotone è stata vanificata da ibridi, compresi ibridi OGM. Una risorsa rinnovabile è diventata non rinnovabile e una merce brevettata. Quarto: il cotone, che in precedenza era stato coltivato insieme a colture alimentari, doveva essere coltivato come monocoltura, con una più elevata vulnerabilità a parassiti, malattie, siccità e fallimento dei raccolti. Quinto: la Monsanto ha cominciato a sovvertire le procedure regolamentari indiane e, di fatto, ha cominciato a usare risorse pubbliche per spingere i suoi ibridi e OGM non rinnovabili attraverso le cosiddette partecipazioni pubblico-private (PPP).

Nel 1995 la Monsanto ha introdotto in India la sua tecnologia Bt attraverso una joint-venture con la società indiana Mahyco. Nel 1997-98 la Monsanto ha avviato illegalmente la sperimentazione sul campo del suo cotone OGM Bt e ha annunciato che avrebbe immesso in commercio i suoi semi l’anno successivo. L’India ha sin dal 1989 norme per regolare gli OGM in base alla Legge sulla Protezione dell’Ambiente. Per sperimentare gli OGM è obbligatorio ottenere l’approvazione del Comitato per l’Approvazione dell’Ingegneria Genetica alle dipendenze del ministero dell’ambiente. La Fondazione di Ricerca per la Scienza, la Tecnologia e l’Ecologia ha citato in giudizio la Monsanto presso la Corte Suprema indiana e la Monsanto non ha potuto avviare la commercializzazione dei suoi semi di cotone Bt fino al 2002.

E, dopo l’incriminante rapporto del comitato parlamentare indiano sui raccolti Bt nell’agosto 2012, la giuria di esperti tecnici nominata dalla Corte Suprema ha raccomandato una moratoria di dieci anni delle sperimentazioni sul campo di tutti i cibi OGM e il blocco di tutti gli esperimenti in corso sui raccolti transgenici.

Ma l’agricoltura indiana era già stata cambiata.

I monopoli delle sementi in capo alla Monsanto, la distruzione delle alternative, l’incasso di superprofitti sotto forma di diritti e l’accresciuta vulnerabilità delle monocolture hanno creato un contesto d’indebitamento, suicidi e di emergenze agrarie che sta conducendo all’epidemia di suicidi degli agricoltori indiani. Tale controllo sistemico è stato intensificato dal cotone Bt. E’ per questo che la maggior parte dei suicidi avviene nell’area del cotone.

Un parere interno del ministero dell’agricoltura indiano del gennaio 2012 ha avuto questo da dire agli stati indiani coltivatori di cotone: “I coltivatori di cotone sono in profonda crisi dopo essere passati al cotone Bt. L’ondata di suicidi di agricoltori del 2011-12 è stata particolarmente grave tra i coltivatori di cotone Bt.”

La più vasta area di coltivazione di cotone Bt si trova nel Maharashtra e tale stato è quello in cui ha luogo il maggior numero di suicidi. I suicidi sono aumentati dopo l’introduzione del cotone Bt; l’imposizione dei diritti da parte della Monsanto e l’alto costo dei semi e dei prodotti chimici ha creato una trappola del debito. Secondo dati del governo indiano, quasi il 75% del debito rurale è dovuto all’acquisto di materie prime. Col crescere dei profitti della Monsanto, cresce il debito degli agricoltori. E’ in questo senso sistemico che i semi della Monsanto sono semi di suicidio.

I semi ultimi del suicidio sono costituiti dalla tecnologia brevettata dalla Monsanto per creare semi sterili. (Chiamata “tecnologia Terminator” dai media, la tecnologia dei semi sterili è un tipo di Tecnologia di Restrizione dell’Utilizzo dei Geni, GRUT, in cui i semi prodotti da un raccolto non crescono; i raccolti non producono semi per pianticelle vitali o producono semi vitali con specifici geni disattivati). La Convenzione sulla Diversità Biologica ne ha bandito l’uso, altrimenti la Monsanto incasserebbe profitti anche maggiori dalle sementi.

I discorsi della Monsanto sulla “tecnologia” cercano di nascondere i suoi reali obiettivi di proprietà e controllo sulle sementi in cui l’ingegneria genetica è solo un mezzo per controllare il sistema alimentare e delle sementi attraverso brevetti e diritti di proprietà intellettuale.

Un rappresentante della Monsanto ha ammesso che la società è stata “insieme il diagnosta e il terapeuta del paziente” nello stilare i brevetti sulle forme di vita, dai microrganismi alle piante, in seno all’accordo TRIPS della WTO. Impedire ai coltivatori di conservare i semi e di esercitare la propria sovranità sulle semine è stato il suo principale obiettivo. La Monsanto sta ora estendendo i suoi brevetti a semi coltivati in modo tradizionale, come nel caso dei broccoli e dei peperoncini, o del grano a basso glutine che ha piratato dall’India e che noi abbiamo contestato come un caso di biopirateria presso l’Ufficio Europeo dei Brevetti.

E’ per questo che abbiamo creato Fibres of Freedom [Fibre della Libertà] nel cuore dell’area del cotone Bt e dei suicidi di Vidharba. Abbiamo creato banche comunitarie dei semi con semi indigenti e abbiamo aiutato gli agricoltori a passare alle colture organiche. Niente semi OGM, niente debiti, niente suicidi.  

sabato 13 aprile 2013

On 05:02 by SA DEFENZA   No comments

L'Eurogruppo adotta il "modello Cipro"
contropiano.org/

L'Eurogruppo adotta il "modello Cipro"
Il prelievo forzoso sui conti correnti diventa uno degli strumenti ordinari di "salvataggio" di banche e Stati.

Un Eurogruppo non molto pubblicizzato, ma che doveva discutere – e lo ha fatto – di problemi piuttosto decisivi per il futuro dell'Eurozona. Lo si capisce dalla reticenza con cui anche i giornali specializzati danno conto della discussione avvenuta. Poiché abbiamo giustamente molta considerazione dei professionisti inviati a Bruxelles, dobbiamo pensare che la discussione tra i ministri delle finanze sia stata in qualche misura “criptata”, e che la materia in discussione sia al tempo stesso esplosiva e per ora trattata in maniera solo preliminare.

Seguiamo perciò il racconto fatto da IlSole24Ore - il giornale più attento a questo tipo di eventi – cercando di spiegare quel che è poco chiaro e, soprattutto, le implicazioni contenute nelle varie ipotesi di getione delle future crisi.

Come sempre, le nostre considerazioni sono in corsivo.

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Accordo politico all'Ecofin sul meccanismo di supervisione unica delle banche: superate quindi le resistenze della Germania che chiedeva una modifica dei Trattati prima di dare il via libera. La supervisione unica «si fa coi Trattati attuali, abbiamo l'accordo definitivo unanime dei ministri», ha detto il commissario Michel Barnier.

Redazione. Nonostante la sintesi, si capisce che lo snodo relativo alla sorveglianza delle banche (private) europee da parte della Bce è così rilevante da richiedere – a parere della Germania – una modifica dei Trattati. Per ora si va avanti che con i trattati che ci sono, ma ricordiamo la materia del contendere tra Germania e il resto d'Europa: Berlino chiedeva che la sorveglianza sulle banche “non sistemiche” restasse affidata alle banche centrali nazionali. Perché? Per il buon motivo che l'ossatura fondamentale del credito tedesco vede protagoniste le Landesbanken, ovvero quelle banche territoriali su cui si regge buona parte del sistema delle imprese e, non secondariamente, la forza politica dei deputati.

Non basta, però. La nuova proposta tedesca prevedeva di rafforzare la separazione tra attività di politica monetaria e di vigilanza della Bce, trovando anche il modoe di garantire meglio “poteri equivalenti” ai membri della struttura di vigilanza bancaria non appartenenti all'Eurozona. Un modo per aumentare il peso tedesco nelle decisione Ue (i paesi dell'Est che ancora non hanno adottato l'euro sono “contoterzisti” di Berlino) anche a costo di dare un peso eccessivo sulla moneta unica a paesi che non la usano. Singolare. Alla fine l'idea non è passata, ma come in tutte le trattative diplomatiche, la “pressione” ha prodotto se non altro l'accettazione del principio che i Trattati si possono cambiare, senza predetrminare ora alcun contenuto. Come scrivono alcuni giornali, “molti governi temono una riapertura di un negoziato sul Trattato Ue”, perché il loro peso – in una situazione di oggettiva debolezza economica, e quindi politica, dei propri paesi, vedrebbero i propri poteri notevolmente ridimensionati a favore di un meccanismo “centralizzatore” deciso nei fatti dalla Germania.


Scadenze più lunghe per Irlanda e Portogallo
I ministri delle finanze della zona euro hanno trovato un accordo per concedere sette anni in più a Portogallo e Irlanda per rimborsare i prestiti ottenuti con il pacchetto di salvataggio. Lo ha annunciato il presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem che ha sottolineato come i ministri abbiano voluto compiere un passo «deciso e positivo», aggiungendo tuttavia che la questione deve ancora essere affrontata da tutti i 27 ministri delle finanze dell'Unione europea che si vedranno nelle prossime ore. Il commissario gli Affari Economici Olli Rehn ha accolto con favore la decisione dell'Eurogruppo, che ha definito «un passo molto importante» verso una pieno ritorno sui mercati del finanziamento per i due paesi.
Red. Qui c' poco da aggiungere, se non che il “trattamento” dei singoli paesi in difficoltà è straordinamente differenziato. L'Irlanda, soprattutto, sembra nel “cuore” di Bruxelles assai più dei paesi mediterranei. Possibile che gli interessi inglesi nelle banche irlandesi abbiano così tanta forza? Più che possibile...


Ricapitalizzazione e Esm, quanti rebus
Anche il negoziato sulle regole della ricapitalizzazione bancaria da parte dell'Esm (Fondo anti-crisi dell'Eurozona) che è parallelo alle discussione sugli altri elementi dell'unione bancaria, si dimostra molto complesso. Sulle due questioni fondamentali, il trattamento dei legacy asset, cioè delle situazioni di bilancio del passato, e della retroattività degli interventi del meccanismo di stabilità, non ci sono ancora dei paletti fermi.
Altro nodo delle trattative le modalità e le condizioni dell'intervento dei privati nella ristrutturazione e nella liquidazione delle banche. Lo scontro è sui limiti alle esenzioni dagli oneri del cosiddetto 'bail-in'. Sembra prevalere un orientamento favorevole solo all'esclusione dei depositi delle persone fisiche e delle Pmi, mentre c'è una discussione molto accesa sull'esclusione dei prestiti interbancari a breve.
Il commissario al mercato interno Michel Barnier ha messo in guardia dai tentativi di diluizione sull'imposizione delle regole per la liquidazione delle banche a partire dal 2018. Alcuni governi cercano di assicurare un margine di discrezionalità alle autorità nazionali nella scelta di quali creditori dovranno farsi carico delle perdite.
Red. Qui invece la partita è davvero grossa. L'espressione “bail in” indica una via di salvataggio – delle banche o degli Stati – opposta a quella definita “bail out”. Con questa seconda, infatti, si descrive un intervento esterno, fatto di prestiti da ripagare in tempi certi, a condizioni magari durissime, come quelle imposte a diversi Piigs. Con “bail in”, al contrario, di qualifica il “modello Cipro”, in cui buona parte delle risorse necessarie al “salvataggio” delle banche è stata reperita sequestrando i conti correnti (singoli cittadini e depositanti stranieri), possibilmente limitando la rapina alle cifre superanti i 100.000 euro (che per legge europea vanno salvaguardati anche in caso di fallimento della banca).
Naturalmente si discute anche di “chi” abbia il potere di decidere determinati tipi di “salvataggio” , o almeno quali creditori potranno essere pelati più di altri. Se, insomma, c'è un disegno europeo per trasformare i “salvataggi” in bagni di sangue, ci sono singoli governi che si preoccupano di avere un margine per proteggere almeno i propri “favoriti”.


La tempistica delle regole per il bail-in
Quanto ai tempi, la Commissione propone che le regole del 'bail-in' entrino in funzione dal 2018. La Bce preme per il 2015. Bruxelles concorda, ma a patto che tutti gli elementi del puzzle dell'unione bancaria siano sul tavolo.
Infine c'è la prospettiva del Fondo unico di risoluzione delle crisi. Attualmente è in discussione la proposta di creare fondi nazionali. In giugno la Commissione presenterà una proposta di sistema unico, con un Fondo di risoluzione unico. Si sapeva da qualche tempo che Bruxelles fosse orientata in tal senso: Barnier l'ha reso ufficiale proprio in occasione delle riunioni informali nella capitale irlandese.
Red. Si capisce che il “modello Cipro” è ormai dato per assodato (occhio ai vostri conti correnti, se non siete propriamente poverissimi!), mentre si discute su quando farlo entrare in vigore come “modello standard”. E visto che il “bail in” in molti casi potrebbe non essere sufficiente (non lo è stato nemmeno per Cipro), ecco che viene definito meglio un nuovo “fondo di risoluzione” comunitario. Le cui condizioni di applicazione sono evidentemente tutte la scrivere (ma non ci sono molti dubbi su chi sarà a pagare, viste le insistenze sui “tagli alla spesa pubblica”).

mercoledì 10 aprile 2013

On 08:50 by SA DEFENZA   No comments
Il concetto di decrescita felice è una filosofia economica studiata ed espressa dall'economista Serge Latouche, a cui Maurizio Pallante fa riferimento
Sa DEFENZA

Crescita e decrescita, perché un concetto non esclude l’altro

Maurizio Pallante


Premetto che sono un abbonato e un occasionale collaboratore del Fatto Quotidiano. Lo dico per sottolineare la mia affinità di vedute con la linea politica del giornale. Ciò non esclude, ovviamente, che a volte mi possa trovare in disaccordo con quanto scrive qualcuno dei suoi più autorevoli redattori, come mi è successo leggendo il commento di Furio Colombo intitolato “Crisi, l’ora della scelta tra crescita e decrescita” pubblicato domenica scorsa.
E non mi riferisco alla sua predilezione per la crescita con una più equa redistribuzione del reddito come sostenuto dai suoi economisti di riferimento, ma alle premesse concettuali che la sottendono, che Colombo manifesta commentando l’affermazione di Gianni Agnelli: «Non puoi dire decrescita. È una parola contro natura», con queste parole: «la frase è fondata – perché – i bambini crescono, gli animali crescono, la natura cresce». A parte l’ultimo esempio di cui mi sfugge il significato, le domando: i bambini e gli animali crescono per sempre o a un certo punto smettono di crescere? Noi abbiamo un cane di 17 anni. Cosa sarebbe diventato se avesse continuato a crescere da quando è nato? Lei dopo il 17 /18 anni ha continuato a crescere? Eppure, anche avendo smesso di crescere ha continuato a migliorare. La sua affermazione mi fa pensare a quel versetto del profeta Isaia in cui si legge: «Iddio acceca quelli che vuol perdere».
Come si fa a non vedere che ogni crescita arrivata a certo livello si arresta? Se, come sostiene Colombo, tutto ciò che è artificio dell’uomo segue il modello della natura, anche la crescita economica non può non arrestarsi, che lo si voglia o no, per eccesso di consumo di risorse e per eccesso di emissioni di sostanze non metabolizzabili dalla biosfera.
L’immaginazione al potere oggi si può realizzare solo a partire dalla liberazione del nostro immaginario collettivo dalla distopia della crescita illimitata (questo sì, questo sì). Solo a partire dalla rottura di questo velo, si potrà cominciare a vedere che le innovazioni scientifiche e tecnologiche possono e dovrebbero essere indirizzate ad aumentare l’efficienza con cui si usano le risorse, cioè a ridurre i consumi di energia e di materie prime, le emissioni inquinanti e i rifiuti, a parità di benessere. A realizzare una decrescita selettiva del Pil riducendo i consumi di merci che non sono beni.
La decrescita selettiva degli sprechi è l’unico modo di uscire dalla recessione, creando posti di lavoro utili. Immagini una politica economica e industriale finalizzata a ridurre gli sprechi energetici del nostro patrimonio edilizio, che attualmente richiede per il solo riscaldamento invernale 20 metri cubi di metano al metro quadrato all’anno contro il limite massimo di 7 consentito in Germania (dove gli edifici migliori ne consumano 1,5). Si darebbe avvio a uno sviluppo tecnologico senza precedenti. Quanta occupazione in lavori utili si creerebbe? I costi d’investimento verrebbero pagati dalla riduzione delle importazioni di gas e petrolio senza aumentare il debito pubblico. Si ridurrebbero le emissioni di anidride carbonica e le tensioni internazionali per accaparrarsi le fonti fossili.
Forse la fantasia al potere oggi passa proprio attraverso una decrescita selettiva dei consumi di merci prive oggettivamente di utilità. «Mai chiamarla decrescita – lei dice – è triste». La intristirebbe tanto una decrescita del debito pubblico? Speriamo che Iddio non abbia deciso di accecare tutti.


Serge Latouche, economista, tiene una conferenza a Mestre (Ve) sul tema della decrescita.

venerdì 29 marzo 2013

On 02:26 by SA DEFENZA   No comments

Sapir: un suicidio politico

Altro che effetti di un'uscita dall'euro, qui Jacques Sapir illustra gli effetti del rimanere nell'euro!


13 marzo 2013


Così, il governo si appresta a utilizzare il procedimento del decreto-legge per accelerare le sue "riforme". Questo procedimento è stato usato negli ultimi anni, ma era riservato a questioni più tecniche, come ad esempio la pianificazione urbana nel contesto della "Grenelle Environnement". Il suo utilizzo su temi particolarmente sensibili ci riporta ai decreti-legge adottati nel 1967 da Georges Pompidou, Primo Ministro, sulla sicurezza sociale. Si potrà convenire che questo precedente non depone a favore del governo o del procedimento che ha scelto. In effetti, non possiamo immaginare un momento peggiore per cercar di operare delle forzature in campo sociale.


La crisi si aggrava

Le ultime notizie non sono buone, a dir poco, in campo economico. L'annuncio della distruzione di quasi 100.000 posti di lavoro nel 2012, di cui più di 44.000 nell'ultimo trimestre ( qui ), conferma quello che già sapevamo : la crisi si approfondisce. Le perdite di posti di lavoro sono una delle cause della disoccupazione in un paese che la cui situazione demografica vede un continuo rilevante flusso di giovani che si affacciano ogni anno sul mercato del lavoro.
Questa perdita di posti di lavoro è stata particolarmente importante nell'industria. Anche qui, niente di sorprendente. La produzione industriale continua a diminuire. Può essere constatato nel grafico seguente, che mostra il tasso di crescita a scorrimento annuale, vale a dire, come variazione percentuale rispetto allo stesso mese dell'anno precedente.


Grafico 1


Questo calo della produzione industriale porta con sé il crollo dei servizi. Quando soffre l'industria, soffre l'intera economia. Inoltre, oramai siamo soggetti alla concorrenza di paesi che hanno fatto una forte svalutazione interna, come la Spagna. La bilancia commerciale nei confronti di questo paese è diventata negativa. Ed è comunque gravemente insufficiente, data la debolezza dell'industria spagnola, a porre rimedio alla terribile crisi della Spagna. Tuttavia di giorno in giorno questo pesa sempre di più sull'industria francese, che ben presto dovrà porsi il problema di un forte calo dei suoi salari. Se sarà così, si sa in anticipo quale destino ci attende.La disoccupazione, già alta nel nostro paese, aumenterà ancora. In effetti, qui si può ben vedere che il problema centrale è l'euro: organizza, mettendoli insieme nella condizione di una parità di cambio immutabile, dei paesi le cui condizioni strutturali sono molto diverse, in una battaglia spietata in cui i lavoratori sono le prime vittime. L'euro è un'arena in cui sono sacrificati centinaia di migliaia o addirittura milioni di posti di lavoro: i lavoratori condannati alla disoccupazione dalla moneta unica possono dire "ave euro morituri te salutant".


La crisi si aggrava (bis)

Queste politiche di svalutazione interna, eufemisticamente chiamate politiche di austerità, provocano effetti contrari a quelli desiderati. Abbiamo già scritto qui sulla Spagna e la Grecia, dove si assiste a una forte contrazione del credito che rafforza gli effetti dell'austerità, condannando moltissime imprese al fallimento. Oggi stiamo assistendo a un fenomeno simile, questa volta in Italia. Nel grafico 2, costruito a partire dai dati della Banca d'Italia, troviamo che la contrazione del credito di questi ultimi sei mesi è anche superiore a quella del 2009, dopo la crisi Lehman Brothers.

Grafico 2



Va ricordato che uno degli argomenti avanzati nel 2011 per costringere Berlusconi a dimettersi era che una crisi italiana avrebbe potuto portare ad una crisi dell'euro, con effetti ancor peggiori rispetto a quelli della crisi Lehman Brothers nel 2008. Si può constatare, dalle statistiche ufficiali, che gli effetti della politica di Mario Monti, l'esecutore fallimentare designato dall'Europa, sono stati di gran lunga peggiori delle conseguenze della crisi del 2008/2009. E se non si troverà una soluzione rapida alla contrazione del credito, nei prossimi tre mesi assisteremo a un'ecatombe di piccole e medie imprese italiane. Le conseguenze, sia economiche che sociali e politiche, di una tale catastrofe saranno disatrose. Ma credere che questi effetti possono essere limitati alla sola Italia è una profonda illusione. Se l'Italia entra in una fase acuta della sua crisi, l'impatto si farà sentire anche in Francia.

Un suicidio politico

Perché, allora, in questo contesto drammatico, François Hollande ha deciso di procedere per decreti-legge? Non c'è urgenza nella questione delle pensioni. Ricordiamo, d'altronde, che su questo punto la vera variabile critica è il tasso di disoccupazione. (Se la disoccupazione è alta, i contributi non bastano a finanziare le pensioni, ndt). Siamo dunque di fronte a una politica che si è rassegnata, senza dirlo, ad un aumento significativo della disoccupazione. Queste misure porteranno a un ulteriore deterioramento della situazione economica e, in particolare, dei consumi, causando un ulteriore aumento della disoccupazione. 
Ma siamo anche di fronte, e forse soprattutto, a una reazione di panico per le critiche dei tedeschi (qui ) sulla politica francese. Il governo dimostra così di prendere gli ordini da Berlino. Che questi ordini siano trasmessi da alcuni settori dell'elite francese non cambia nulla. Abbiamo già vissuto una situazione del genere nella storia ... Certo, si dirà che è per una buona causa, per salvare l'euro che risulterebbe compromesso dalla "debolezza " delle riforme francesi. Il prezzo da pagare sarà molto alto, molto probabilmente alle elezioni europee del 2014. Ma nel frattempo, il governo ha commesso un vero e proprio suicidio politico.

martedì 5 marzo 2013

On 09:58 by SA DEFENZA   No comments
LO SCANDALO DEGLI OGM: GLI EFFETTI A LUNGO TERMINE SULL’UOMO DEL CIBO GENETICAMENTE MODIFICATO.

DI F. WILLIAM ENGDAHL
(globalresearch.ca)

Uno dei grandi misteri di cui è intrisa la diffusione di piante OGM in tutto il mondo fin da quando, agli inizi degli anni ’90, negli Stati Uniti e in Argentina vennero autorizzati i primi raccolti per il commercio, è stata l'assenza di studi scientifici indipendenti sui possibili effetti a lungo termine di una dieta a base di piante OGM sugli esseri umani o addirittura sui topi. Ora è venuta a galla la vera ragione. Le aziende agro-alimentari OGM come Monsanto, BASF, Pioneer, Syngenta ed altri ne vietano la ricerca indipendente.

Un editoriale dell’agosto 2009 dell’autorevole rivista mensile scientifica americana, Scientific American, rivela la scioccante e inquietante realtà dietro la proliferazione fin dal 1994 di prodotti OGM in tutta la catena alimentare del pianeta.

Non esistono degli studi scientifici indipendenti pubblicati su qualsiasi accreditata rivista scientifica mondiale per un motivo semplice: non è possibile verificare in modo indipendente che le colture OGM, come la soia Roundup della Monsanto o il mais OGM MON8110, si comportino come dichiara la società, o che, come per di più quella società sostiene, non abbiano effetti collaterali dannosi perché le aziende OGM proibiscono tali test!

Proprio così. Come condizione preliminare per acquistare le sementi, per la coltura o l’utilizzo in studi di ricerca, sia la Monsanto che gli altri colossi del gene pretendono come prima cosa che si sottoscriva con la compagnia un Accordo dell'Utente Finale. Negli ultimi dieci anni, il periodo in cui in agricoltura è avvenuta la maggiore proliferazione di sementi OGM, Monsanto, Pioneer (DuPont) e Syngenta pretendono che chiunque acquisti i loro semi OGM sottoscriva un accordo che vieta esplicitamente che le sementi vengano utilizzate per qualsiasi tipo di ricerca indipendente. Agli scienziati è fatto divieto di testare le sementi per indagare in quali condizioni esse si sviluppino o anche deperiscano. Non possono confrontare alcuna caratteristica delle sementi OGM con eventuali altre sementi OGM o non OGM di altre società. Molto più allarmante, non sono autorizzati a verificare se le colture geneticamente modificate comportino effetti collaterali indesiderati sia nell'ambiente che negli animali o nell'uomo.

Le uniche ricerche che è consentito pubblicare nelle riviste scientifiche di prestigio peer-reviewed sono studi preventivamente approvati dalla Monsanto e dalle industrie degli altri settori OGM.

L'intero procedimento col quale negli Stati Uniti sono state approvate le sementi OGM, a cominciare nel 1992 dalla dichiarazione, su richiesta della Monsanto, dell'allora presidente George HW Bush che per le sementi OGM non sarebbe stato effettuato alcun particolare test di sicurezza da parte del governo perché vennero ritenute dal presidente essere "sostanzialmente equivalenti" a quelle non-OGM, è crivellato dalla corruzione degli interessi di parte. Ad esempio, ex avvocati della Monsanto vennero nominati responsabili presso l’EPA (1) e la FDA (2) della regolamentazione per quanto riguarda le sementi OGM e fino ad oggi non è stato effettuato alcun test di sicurezza del governo sulle quelle sementi. Tutti i test sulla sicurezza o sulle performance delle OGM sono forniti al Governo degli Stati Uniti dalle aziende stesse come la Monsanto. Non c'è da stupirsi che gli OGM sembrino sicuri e che la società Monsanto e le altre possano falsamente dichiarare che l’OGM è la "soluzione alla fame nel mondo".

Negli Stati Uniti un gruppo dei 24 tra i più importanti esperti universitari sui parassiti del mais hanno scritto all’Agenzia della Protezione Ambientale (EPA), chiedendo che obblighi quelle società a modificare le loro pratiche censorie. È come se la Chevrolet o la Tata Motor e la Fiat avessero cercato di censurare i crash test comparativi delle loro automobili sui Consumer Report o sulla stampa, perché non gli piacevano i risultati dei test.

Solo che qui si tratta della catena alimentare umana e animale. Gli scienziati sostengono giustamente all’EPA che la sicurezza alimentare e la tutela dell'ambiente "dipendono dal mettere i prodotti vegetali a disposizione di regolari esami scientifici". Dovremmo pensarci due volte prima di mangiare la prossima scatola di cereali per la colazione all’americana, se il grano utilizzato è OGM.


F. William Engdahl è l’autore di Full Spectrum Dominance: democrazia totalitaria del Nuovo Ordine Mondiale.
Può essere contattato tramite il suo sito web all'indirizzowww.engdahl.oilgeopolitics.net.

Fonte: globalresearch.ca

Link: http://www.globalresearch.ca/gmo-scandal-the-long-term-effects-of-genetically-modified-food-on-humans/14570 

sabato 23 febbraio 2013

On 09:19 by SA DEFENZA   No comments

I crimini di Monsanto, con i soldi di Bill GatesNatural Society – Tratto da Effedieffe - 20 Febbraio 2013www.effedieffe.com
Anthony Gucciardi






















Bill Gates, è fondamentalmente noto per essere il fondatore di Microsoft, l’azienda produttrice del notissimo sistema operativo Windows. Ricchissimo, si è ritirato dalla guida dell’azienda ed ora impiega tempo e denaro nel finanziare le tecnologie per la modificazione genetica, la geo-ingegneria, le vaccinazioni sperimentali e nel diffondere la buona novella della Monsanto salvatrice dalla fame nel mondo.

Nessuna sorpresa quindi nel leggere che Gates possiede 500.000 azioni della Monsanto. Controvalore: 23 milioni di dollari.

Ma è sempre Monsanto quell’azienda che è stata beccata a gestire in Argentina gruppi di lavoratori in nero, schiavizzati e costretti a lavorare 14 ore al giorno – per giunta spesso senza stipendiarli. Azienda che ricorre ai propri colossali fondi per pagare organizzazioni che falsificano letteralmente le dichiarazioni della FDA al fine di diffondere gli organismi geneticamente modificati.

Non mettiamo nemmeno in conto i suicidi di agricoltori in India, dovuti all’incapacità dei prodotti Monsanto di garantire i raccolti, suicidi che si verificano al ritmo di 1 ogni 30 minuti in quella zona agricola che è tristemente nota come ‘fascia dei suicidi’.

Bill Gates finanzia anche aziende che riducono i minori in schiavitù
Come se non bastasse, la Bill and Melinda Gates Foundation collabora con la Cargill con l’obbiettivo di diffondere la soia OGM nel 3° mondo. La Cargill è una multinazionale da 133 miliardi di dollari beccata anch’essa a violare le leggi sul lavoro ed incriminata dall’International Labor Rights Fund per traffico di minori dal Mali e per riduzione in schiavitù di minori come lavoratori nelle piantagioni di cacao, dove sono costretti a lavorare dalle 12 alle 14 ore al giorno, con paghe misere ed alimentazione insufficiente. 
L’azienda intanto continua ad acquistare cotone dall’Uzbekistan, dove è ben noto che sia il frutto di lavoro nero minorile.

Bill Gates si è prestato in prima persona per spot pubblicitari a favore degli OGM Monsanto, nei quali li magnifica come «La soluzione» alla fame nel mondo quando persino l’ONU ha riconosciuto che gli OGM non possono sconfiggere la fame altrettanto bene quanto l’agricoltura tradizionale.

Il tema della fame nel mondo è stato studiato in particolar modo dall’International Assessment of Agricultural Knowledge, Science and Technology for Development (IAASTD), un gruppo di 900 fra scienziati e ricercatori. I risultati della ricerca sono abbastanza chiari: 900 scienziati concordano che le sementi OGM non sono la soluzione alla fame nel mondo. I risultati sono stati pubblicati nel 2008, ben prima che Bill Gates – ignorandole – iniziasse a proclamare per ogni dove che gli OGM sono la soluzione miracolosa.
Anche la Union of Concerned Scientists ha esaminato la verità sui raccolti prodotti dagli OGM, giusto per scoprire che sul lungo periodo le sementi OGM non producono nessun aumento nei raccolti, mentre hanno un costo eccessivo e recano un grosso danno alla salute ed all’ambiente. La mancanza di basi scientifiche è risultata tanto evidente agli occhi della Union da voler documentare tutto in modo dettagliato, all’interno di un resoconto del 2009 intitolato: «Raccolti fallimentari».

Sono molte le critiche che si sono levate contro Gates per tali finanziamenti, per esempio dal gruppo Community Alliance for Global Justice, che ha dichiarato:
«La Monsanto ha un passato di crasso spregio delle esigenze e del benessere dei piccoli agricoltori sparsi per il mondo... la questione solleva grossi dubbi sul pesante finanziamento dato dall’azienda allo sviluppo dell’agricoltura africana...».
Allora, come mai Bill Gates, un uomo osannato dai media come un santo filantropo versa milioni – se non miliardi – in operazioni di questo tipo? E perché continua a dire che gli OGM possono combattere la fame nel mondo quando sa che non è vero, visto che fanno al contrario calare i raccolti e creano altri problemi?

Domandiamolo a Bill Gates
Ieri Gates si è reso disponibile a rispondere alle domande di utenti online tramite il sito sociale Reddit, in quella che si presentava come una intervista aperta, del tipo «Chiedetemi qualunque cosa». Era un’opportunità unica per chiedere a Bill Gates in persona perché avesse acquistato in modo occulto 500.000 azioni Monsanto – a parte questioni fiscali – e perché facesse squadra con la Cargill per diffondere gli OGM nel mondo. Cosa che in tanti ci domandiamo.

Alle domande su Reddit avrebbe risposto in forma scritta. Così, benché avessi una quantità di domande da porgli – una per tutte: «se lui per primo mangiasse OGM» – gli ho semplicemente chiesto:

«Perché ha comprato 500.000 azioni Monsanto?».
Non arrivando la risposta, sono partiti numerosi commenti con gli utenti che domandavano a Gates, per favore, se voleva rispondere. Quindi molti altri hanno posto delle varianti di questa stessa domanda. Domande rimaste tutte senza risposta – come previsto.

Ecco alcuni commenti alla mia domanda:
Lawfairy scrive: «Avrei voluto rispondesse; per me questa è una delle cose più incomprensibili circa di Gates, persona che altrimenti rispetto come uno dei più eminenti filantropi della nostra generazione... Per me i rapporti di Gates con la Monsanto sono l’aspetto moralmente più discutibile della sua intera attività».

Un altro utente scrive: «Non potrebbe dedicarci un po’ del suo tempo per chiarirci dei suoi investimenti nella Monsanto? Questa multinazionale, benché titoli di voler metter fine alla fame nel mondo, ha fatto negli ultimi 100 anni delle cose decisamente deprecabili, ed io non credo che avessero a cuore gli interessi della gente. Io credo che il modo per metter fine alla fame nel mondo non consista nell’avere un’unica azienda che manipola, controlla o possiede le scorte alimentari mondiali – o cerca di farlo».

Un altro utente ha dato questa risposta: «[Ha le azioni Monsant] Perché appoggia il Bilderberg group!».

Comunque, nessuno ha avuto una risposta ufficiale alle domande sulle azioni Monsanto. L’intenzione ovvia sembra quella di voler lasciar svanire la cosa nel flusso della stampa allineata, quella che sembra pensare che Bill Gates sia il nr. 1 dei filantropi, incapace di fare del male.

Noi invece troviamo assolutamente inaccettabile che qualcuno che finanzia i piani di aziende collegate agli OGM ed allo sfruttamento del lavoro nero minorile venga accolto con un applauso.

Anthony Gucciardi
Traduzione per EFFEDIEFFE.com a cura di Massimo Frulla, revisione di Lorenzo de Vita