venerdì 3 aprile 2009
dae Alberto Piccinini
Mark Ames, giornalista Usa, è l’autore di “Going Postal”, un libro forte e provocatorio che analizza puntigliosamente i massacri compiuti negli Usa sui luoghi di lavoro a partire dagli anni ‘80. Ames scopre in ogni storia concreta tutt’altro che l’inspiegabile follia, ma la logica di lavoratori “triturati” dalla trasformazione delle loro aziende nello stile della Reaganomics. Abbiamo chiesto a lui un commento sul massacro in Alabama, in occasione della pubblicazione italiana del suo libro, a fine mese, per le edizioni Isbn. ”E’ ancora presto per dire cosa è successo in Alabama, - ci ha detto - ma il motivo profondo va cercato nell’economia, dentro l’azienda dove quest’uomo si è suicidato.Io considero questa come un’altra battaglia di quella che è stata una vera e propria guerra di classe in America, durata trent’anni, fin da quando la Reganomics ha trasformato questo paese. Gli inquirenti, in Alabama, hanno ragione quando affermano che una parte dei motivi del massacro derivano dal fatto che il killer era un ‘impiegato scontento’, e sappiamo che la Reliable – l’azienda dove aveva lavorato – aveva iniziato un paio di settimane fa un programma di licenziamenti su larga scala. Questi licenziamenti hanno spaventato la comunità locale, che è già povera e disperata. Gli stati del sud come l’Alabama che sono quasi come mini-paesi del Terzo Mondo, dove le paghe sono basse, i sindacati non esistono o sono fortemente avversati, e dove enormi sgravi fiscali sono offerti alle aziende perchè si trasferiscano lì. In altre parole, dove i lavoratori sono sfruttati fino all’osso. Quel che è interessante a proposito di questo caso e sembra aprire un nuovo trend dentro il quadro di questa nuova Grande Depressione è il fatto che un uomo finanziariamente rovinato uccida la sua intera famiglia prima di togliersi la vita, come se non volesse che la sua famiglia debba affrontare non solo la vergogna, ma anche la generale devastazione economica.
La tua teoria a proposito dei massacri sul luogo di lavoro risale alla Reaganomics, e alla trasformazione delle relazioni umane e aziendali. Non credi che proprio questa crisi (ma anche l’avvento di Obama, e il nuovo clima culturale che porta con sé) cambino lo scenario?
Quando ho presentato il mio libro nelle librerie americane, qualche anno fa ormai, la domanda più comune che mi veniva posta era “quando finirà tutto questo?”. Non sapevo proprio cosa rispondere, a parte dire che probabilmente tutto sarebbe finito quando fosse accaduto un qualche tipo di evento apocalittico, come la Grande Depressione o una Guerra Mondiale. Con il collasso finanziario e con la nuova Depressione, sembra che il modello della Reaganomics stia vacillando, tanto da essere messo sotto accusa anche dallo stesso establishment politico e economico. In ogni caso, io resto scettico. I grandi interessi economici e i super-ricchi stanno combattendo come pazzi contro Obama, e di solito vincono loro. A differenza degli anni ‘30, inoltre, non c’è una forte contro-ideologia che possa rimpiazzare la Reaganomics. La sinistra negli Usa è troppo timida anche per usare la parola “socialismo”. Obama parla di “post-ideologia” e di “competenza”, ma per me è un’altra maniera di dire che l’ideologia corrente è ancora quella dominante.
Da quel che hai sentito in tv e sugli altri media, qual è lo stile nella reazione a questo massacro? Sta cambiando qualcosa?
Una cosa nuova c’è. Per la prima volta i media stanno cominciando a inserire questi massacri nel contesto dei licenziamenti, della cultura aziendale, dell’economia. Mi ricordo quando lo scorso novembre un ingegnere della Silicon Valley sparò al dirigente della sua azienda, e a due suoi colleghi, uccidendo il primo e ferendo gli altri due, tutti i titoli immediatemente sottolinearono il fatto che era stato licenziato e aveva perso un sacco di soldi. Ora che i media sono in uno stato di sofferenza anche economica, coi giornalisti che perdono il loro lavoro, è come se fosse più facile trovare una forma di identificazione con gli autori di questi massacri. Credo che un sacco di giornalisti licenziati abbiano sognato di uccidere i loro editori.
Un altra notizia, dalla Germania, ci parla di un massacro in una scuola. In Going Postal ti eri lungamente occupato di Columbine. In che senso i massacri a scuola sono legati a quelli che avvengono nei luoghi di lavoro?
Non conosco i particolari del massacro in quella scuola, ma sono sicuro che ci siano molte differenze. E’ chiaro che molti massacri che sono avvenuti nelle scuole europee sono stati ispirati proprio da Columbine, ed è esattamente quello che volevano gli autori di quel massacro. Nel loro videodiario avevano dichiarato esplicitamente: “Vogliamo iniziare una rivoluzione”. E così sono diventati “eroi” letteralmente per centinaia, migliaia e forse milioni di ragazzi sparsi nel mondo, molti dei quali appartenenti a famiglie della classe media. Ed è qualcosa alla quale sembra che nessuno voglia neppure pensare.
Potete trovare l’intero commento di Mark Ames sul sito:
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