domenica 14 luglio 2013
On 10:00 by SA DEFENZA No comments

© Collage: «La Voce della Russia»
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Nella serata del 12 Luglio Edward Snowden ha invitato all’aeroporto, in cui si trova, difensori dei diritti dell’uomo ed avvocati cui ha annunciato che chiede asilo politico temporaneo in Russia. Già un paio di ore dopo il Presidente degli USA Barak Obama ha chiamato al Presidente russo Vladimir Putin.
I segretari dei servizi stampa di entrambi i Presidenti hanno confermato che nel corso del colloquio telefonico si è veramente parlato del caso Snowden, ma senza inoltrarsi nei dettagli. Il segretario del servizio stampa del Presidente russo Dmitry Peskov si è limitato a riferire che per il momento il Cremlino non ha ancora ricevuto nessuna richiesta di concedere rifugio politico a Stowden in Russia. Anche il Servizio di Immigrazione della Russia non ha documenti che lo riguardino. Ma l’ondata di irritazione di Washington ha già raggiunto Mosca.
Jay Carni, assistente del Presidente Obama e portavoce della Casa Biancа, ha espresso il disappunto di Washington per il fatto che Mosca, al suo dire, concede la “piattaforma politica” al fuggitivo. Ma ha aggiunto che gli Usa non vorrebbero peggiorare i loro rapporti con la Russia.
La nostra posizione non è cambiata. Non pensiamo che il caso Snowden possa danneggiare i nostri rapporti con la Russia cui attribuiamo grande importanza. Stiamo continuando a discutere con la Russia la nostra ferma posizione, secondo cui abbiamo tutti i fondati motivi giuridici per attendere l’estradizione di Snowden. Questa persona deve essere riportata negli USA dove gli sono state presentate le accuse di avere rivelato in modo illegittimo un’informazione segreta.
Le organizzazioni mondiali per la difesa dei diritti dell’uomo considerano Snowden combattente per i diritti umani, che ha smascherano lo spionaggio globale ed illegittimo del proprio governo. A definire Snowden “traditore” è solo Washington. In America l’ex collaboratore della CIA e della NSA può essere processato in base alla Legge sullo spionaggio del 1917. Rischia l’ergastolo o anche una condanna capitale.
In precedenza il Presidente russo ha chiaramente delineato la posizione sul caso. Parlando ad una conferenza-stampa a Mosca, Vladimir Putin ha dichiarato, in particolare, che Snowden deve fare una scelta.
Se vorrà partire per qualche luogo e se qualcuno è pronto ad ospitarlo, vada pure! Se vorrà restare qui, c’è una condizione. Deve cessare la sua attività tesa a recare danni ai nostri partner americani!
Snowden, a quanto pare, accetta le condizioni di Putin sul “buon comportamento” ed è pronto a non nuocere agli Usa da Mosca. In sostanza, non richiede molto a Mosca: ottenere la tessera di rifugiato prima di partire per l’America Latina. Spera di formalizzare l’asilo politico permanente in Equador.
lunedì 8 luglio 2013
On 15:42 by SA DEFENZA No comments
Solenne STOP della Sapienza al MUOS di Niscemi
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Antonio Mazzeo antoniomazzeoblog.blogspot.co.uk |
“Il campo elettromagnetico (EM) irradiato dal MUOS può produrre effetti biologici sulle persone esposte; interferenze elettromagnetiche in apparecchiature elettroniche, strutture aeroportuali e aeromobili; effetti sulla biocenosi e sulla fauna del Sito d’Importanza Comunitaria (SIC) Sughereta di Niscemi”. Ad affermarlo il docente universitario Marcello D’Amore, perito nominato dal Tribunale amministrativo di Palermo che il 9 luglio dovrà decidere sul ricorso presentato dal Ministero della difesa contro la revoca delle autorizzazioni ai lavori d’installazione del nuovo sistema di telecomunicazioni Usa, firmata dalla Regione Siciliana il 30 marzo scorso.
Già ordinario di Elettrotecnica presso la facoltà d’Ingegneria civile e industriale dell’Università “Sapienza” di Roma ed ex direttore del Centro interuniversitario di ricerca di compatibilità elettromagnetica, il prof. D’Amore è stato responsabile di numerosi progetti finanziati dal Ministero dell’istruzione e da holding italiane come ENEL e Trenitalia e dall’azienda costruttrice di velivoli civili e militari Alenia Aeronautica (gruppo Finmeccanica). Un anno fa era stato individuato dal Tar quale “verificatore” dei possibili effetti elettromagnetici del MUOS e degli impianti della stazione di telecomunicazione (NRTF) della Marina militare Usa che esiste a Niscemi dal 1991. Lo scorso 24 giugno il perito ha consegnato la relazione finale che conferma pienamente i rilievi e le considerazioni d’insostenibilità ambientale del MUOS e della base NRTF a cui sono giunti i due studiosi del Politecnico di Torino, i professori Massimo Zucchetti e Massimo Coraddu, consulenti a titolo gratuito del Comune di Niscemi.
Il rapporto del prof. Marcello D’Amore si apre con la valutazione dell’indagine di conformità del sito MUOS di Niscemi in relazione alle problematiche di compatibilità elettromagnetica prodotta nel febbraio 2006 dal Naval Warfare System Center (NWSC) della US Navy con sede a Charleston (Carolina del Sud). Nello specifico, la Marina statunitense aveva affermato che i valori di campo elettrico del sistema “sono al di sotto dei limiti di legge nelle zone accessibili”. Inoltre il rischio di esposizione al fascio principale delle emissioni veniva ritenuto “minimo” e comunque “legato all’improbabile evento che il personale venga meccanicamente sollevato all’altezza e all’interno dei fasci principali dell’antenna”. Analoghe valutazioni compaiono nello Studio di incidenza ambientale presentato nell’aprile 2008 dal consorzio MUOS Team Niscemi che cura i lavori di realizzazione del terminale terrestre satellitare all’interno della riserva naturale Sughereta. L’esperto della facoltà d’Ingegneria di Roma non è però per nulla d’accordo.

“L’analisi di conformità di NWSC è priva del rigore e della completezza necessari a garantire la piena validità dei risultati i quali, pertanto, non consentono di verificare il rispetto dei limiti di campo EM previsti dalla legge”, scrive D’Amore.
“E si deve rilevare la non attendibilità delle analisi di conformità presentate per quanto riguarda l’esposizione delle persone ai campi elettromagnetici irradiate dalle antenne paraboliche del MUOS”.
Il docente universitario spiega come i tecnici della Marina militare statunitense non abbiano considerato con la “dovuta attenzione” le varie articolate normative italiane in tema di insediamento di nuovi impianti di comunicazione a radio frequenza. I militari non hanno inoltre stimato né il campo elettrico, né il campo magnetico, né la densità di potenza del MUOS nel territorio di interesse ed in particolare nel Comune di Niscemi che dista appena 5 km dalla base NRTF di Niscemi.
“A tale riguardo si rileva che il riflettore parabolico, di diametro 18,4 m, emette il campo EM alla frequenza di 31 GHz, pertanto il campo vicino radiativo si estende lungo la direzione di massima radiazione dalla regione di campo reattivo fino alla distanza di 67,7 km”, spiega D’Amore.
Anche nel caso della due antenne elicoidali che completano il sistema di trasmissione satellitare e che trasmettono alla frequenza di 315 MHz, i progettisti non hanno calcolato la mappa del campo EM nel territorio, né sono state trattate ai fini dell’esposizione le correlazioni con l’irradiamento delle tre grandi antenne paraboliche. “Nessuna stima di campo EM è stata fatta infine considerando il contemporaneo funzionamento di più antenne”, scrive il docente, particolare tutt’altro che irrilevante dato che a Niscemi sono presenti 46 antenne nella stazione NRTF (45 operanti nella banda di alta frequenza a 3-30 MHz e una in bassa frequenza a 46 kHz). La Marina militare Usa non ha presentato inoltre i riscontri tecnici per provare l’inesistenza di conflitti con le emissioni elettromagnetiche in arrivo o in partenza dall’installazione niscemese, imputabili ai trasmettitori MUOS in banda Ka o a quelli di tipo elicoidali UHF. “La problematica EM è trattata dal Naval Warfare System Center soltanto in relazioni a possibili effetti su apparecchiature elettroniche o su dispositivi impiantati su persone”, prosegue la relazione consegnata al Tar di Palermo. “L’analisi è svolta in maniera qualitativa senza analitiche correlazioni con il campo EM generato dall’impianto. Semplicistica l’assunzione di 1 V/m quale livello di immunità a radio frequenze delle apparecchiature commerciali, ove si pensi alla numerosità e varietà delle problematiche e delle norme CEI in tema di compatibilità elettromagnetica”.
Il prof. D’Amore boccia pure lo studio del 2011 dei professori Luigi Zanforlin e Patrizia Livreri della facoltà d’Ingegneria dell’Università di Palermo (consulenti dell’allora Presidente della Regione Raffaele Lombardo), secondo cui il sistema di trasmissione MUOS non comporterebbe condizioni di rischio per la salute dell’uomo.
“Tale conclusione – scrive D’Amore – basata su motivazioni analoghe a quelle riportate dal NWSC e dal Team MUOS Niscemi, non può essere condivisa in quanto il rapporto di conformità si limita al calcolo di livelli di campo lontano e non in campo vicino come si dovrebbe, trascurando di simulare la mappa del campo EM in vicinanza del terreno”.
La simulazione del campo EM irradiato dalle antenne del MUOS è stata successivamente effettuata dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (ARPA Sicilia), ma - a giudizio del perito - in modo del tutto errato. “I calcoli effettuati con il codice WinEDT – modulo VICREM della Vector Srl (attualmente confluita in Se.Di.Com. Srl) avrebbero richiesto la completa conoscenza delle sorgenti irradianti distribuite sulla superficie d’antenna”, scrive D’Amore.
“Poiché tale informazione non sembra fosse nota all’ARPA, si può ritenere che i livelli di campo presentati siano basati sul modello di calcolo in campo lontano in base al quale l’antenna è rappresentata come sorgente puntiforme. Pertanto i risultati delle simulazioni non sono riferibili alla regione di campo vicino e dunque non consentono un’attendibile verifica di conformità”.
Il perito della Sapienza esprime pure forti perplessità sui risultati della campagna di misurazione e monitoraggio del campo elettromagnetico nella stazione NRTF di Niscemi, avviata dall’ARPA Sicilia a fine 2008. La veridicità dei risultati sarebbe stata infatti pregiudicata dal comportamento omissivo e/o scarsamente collaborativo delle autorità militari statunitensi e dalla non disponibilità di adeguate informazioni sulle caratteristiche e sulle modalità di funzionamento dei trasmettitori. Per il prof. D’Amore “le configurazioni di antenne definite dal Comandante della base sono di difficile lettura, né sono illustrate nella stesa istruttoria al fine di fornire informazioni sulle ragioni che giustificherebbero le condizioni di emissione delle antenne alla massima potenza”. Nonostante l’ARPA Sicilia abbia poi fornito giudizi abbastanza tranquillizzanti sulle emissioni EM della base, l’esperto di Roma sottolinea come le scarse informazioni in mano all’Agenzia non hanno consentito di attuare come disposto dallo specifico decreto regionale del 27 agosto 2008 sui campi elettromagnetici. In particolare il decreto prevede che le misurazioni siano effettuate in banda larga con strumentazioni idonee indicate dalle norme tecniche, conoscendo pienamente i dati relativi alla “modalità di irradiazione (modulazione, tipologia della gestione della potenza, del traffico, ecc.)”. Cosa che invece non è avvenuto a Niscemi per la resistenza del Comando Usa a fornire i dati richiesti. Non sarebbe stata pienamente rispettata pure la norma che impone a ripetizione delle misure del campo EM “con catena strumentale in banda stretta” quando il valore precedentemente misurato in banda larga è risultato superiore al 75% del limite più basso. “La misura in bassa stretta è prevista anche quando siano presenti più sorgenti che emettono in intervalli di frequenza su cui devono essere applicati differenti valore limite”, spiega il prof. D’Amore. “Questa condizione è però di difficile applicazione per ARPA Sicilia a causa della mancanza delle necessarie informazioni”.
“Non è pertanto condivisibile l’affermazione dell’Agenzia regionale per l’ambiente che i valori del campo EM rientrano nei limiti della normativa italiana vigenti, perché diversi valori misurati, in particolare in località Ulmo, superano l’obiettivo di qualità di 6 V/m”, aggiunge D’Amore. “Inoltre le modalità di misura solo in parte sono conformi a quanto previste dalle norme CEI 211-7 e 211-7A”.
Nelle conclusioni del suo rapporto al Tar di Palermo, il prof. D’Amore lamenta come nelle analisi del rischio EM sino ad oggi prodotte non si faccia alcun riferimento alle cautele progettuali antisismiche “idonee ad evitare allarmanti impatti elettromagnetici nel territorio”, nonostante il Comune di Niscemi sia stato classificato dalla Regione siciliana come “zona 2” cioè ad elevata pericolosità sismica. Nessuno studio è stato inoltre presentato in relazione ai possibili effetti dell’interazione del campo EM del MUOS su strutture aeroportuali ed aeromobili, anche se nelle vicinanze della stazione di Niscemi sono presenti ben tre scali aerei: Comiso, distante 25,48 km; Sigonella a 55,34 Km; Catania-Fontanarossa a 69,97 km. “Tra i vari argomenti di studio che la problematica suggerisce, particolare attenzione dovrebbe essere rivolta ai possibili effetti EM su un aeromobile che attraversi il volume sotteso del fascio irradiato da una parabola del MUOS, soprattutto nelle fasi di decollo e atterraggio”, scrive D’Amore. Da qui l’esigenza per evitare gravi incidenti al traffico aereo che si effettuino le indagini sulla penetrazione del campo EM nella struttura di un aeromobile e la sua distribuzione all’interno, sui fenomeni di “accoppiamento” con il wiring system di bordo e sulla verifica dei limiti di tensione e corrente all’ingresso degli apparati critici per la sicurezza del volo e dei sensori che ricevono i segnali.
“Per la verifica di conformità dell’impianto MUOS si rende necessario lo sviluppo di una nuova rigorosa procedura di simulazione del campo elettromagnetico irradiato, corredata da una piena e documentata informazione sul codice di simulazione che viene utilizzato, sull’algoritmo alla base di tale codice, sui dati d’ingresso del codice, sulle caratteristiche del segnale emesso, sulle proprietà riflettenti del terreno e di eventuali superficie interessate, sulle ipotesi esemplificative eventualmente adottate”, conclude D’Amore.In modo analogo, sempre secondo l’esperto, si dovrebbe procedere nella valutazione dei possibili effetti elettromagnetici negli aeroporti interessati, in particolare di quello di Comiso. Ora la parola passa al Tar di Palermo che ha tutte le carte in mano per respingere le richieste del governo e impedire la riapertura dei cantieri del terminale terrestre dell’EcoMUOStro di Niscemi.
domenica 7 luglio 2013
On 10:28 by SA DEFENZA No comments
Lacrimogeni come arma chimica di repressione di massa
Jérôme Duval
Tradotto da Curzio Bettio
In questo giugno 2013, il Brasile sta conoscendo le più grandi mobilitazioni da quelle del 1992 dirette contro la corruzione del governo dell’ex presidente Fernando Collor de Mello (costui sarà costretto a dimettersi il 29 dicembre 1992 alla fine del suo processo politico di fronte al Senato). Scattato a Porto Alegre alla fine di marzo su iniziativa del Movimento Passe Livre contro l’aumento delle tariffe dei trasporti pubblici, il movimento si è esteso a tutto il paese.
Nel paese del “calcio-re”, la maggioranza delle persone non avrà i mezzi per acquistare i biglietti per andare allo stadio, ma dovrà pagare l’aumento dei trasporti.
Questi straordinari sommovimenti politici fanno ricordare il Caracazo, la grande rivolta popolare contro le misure di austerità imposte in Venezuela nel 1989. Anche se in un momento e in un contesto diverso, perdurano gli stessi sintomi. La popolazione non sopporta più i tagli di bilancio che influenzano direttamente la vita quotidiana, quando le classi dirigenti e benestanti del paese stanno scialacquando dei miliardi. A questo riguardo, l’organizzazione della Confederations Cup e della Coppa del Mondo di calcio del 2014 in Brasile presenta un bilancio ufficiale che ha già raggiunto 15 miliardi di dollari alla fine del 2012, e l’85% di questo bilancio è a carico del governo brasiliano.
Costruzione e ristrutturazione di stadi, di infrastrutture e di sistemazione di aeroporti ... Al giugno 2013, circa 11 miliardi di euro erano già stati inghiottiti. Somme astronomiche di denaro pubblico sono state riversate nell’organizzazione di questi mega eventi. Per puntualizzare le generali maggiorazioni di spesa, nel giugno 2013, il ministro russo dello Sport Vitaly Mutko ha indicato che il bilancio dedicato all’organizzazione della Coppa del Mondo 2018 in Russia è già passato da 15 a 21 miliardi di euro. (1 )
Per il grande vantaggio dei trafficanti di armi e dei professionisti della sicurezza, degli industriali nel campo delle costruzioni (sistemazione degli stadi e delle infrastrutture) e delle multinazionali delle grandi catene alberghiere, nulla deve impedire il regolare svolgimento della Coppa del mondo di calcio che concentra l’attenzione della quasi totalità dei media del pianeta.
Il Brasile è il quarto più grande esportatore di armi leggere dopo gli Stati Uniti, Italia e Germania. Ha battuto la Russia, Israele e Francia (Small Arms Survey – Indagine sistematica sulle armi leggere, Ginevra).
In Brasile, l’ammontare delle esportazioni di armi leggere è triplicato in cinque anni, è passato dai 109,6 milioni nel 2005 ai 321,6 milioni di dollari $ nel 2010.
Il settore delle armi leggere è in pieno sviluppo proprio in concomitanza della preparazione della Coppa del Mondo di calcio del 2014, e visto il budget relativo destinato alla sicurezza.
Infatti, dopo essersi procurato nel mese di aprile del 2012 armi “leggere” dalla società brasilianaCondor per 1,5 milioni di real (circa 500.000 euro) (500 granate al pepe GM 102, più di 1125 granate esplosive e luminose, 700 granate lacrimogene GL 310 - che sono state utilizzate anche in Turchia ...), il governo brasiliano ha acquistato per circa 49 milioni di real (circa 16,5 milioni di euro) altro materiale dalla stessa società, per garantire la sicurezza della Coppa del mondo di calcio e i suoi preparativi. (2)
La società Condor di Rio de Janeiro (Nova Iguaçu) produce tutti i tipi di granate a gas lacrimogeni, che esporta poi in una quarantina di paesi. La Condor, come altre multinazionali degli armamenti, espone le sue armi alla fiera degli armamenti Eurosatory nei pressi di Parigi.
Tra le sue produzioni troviamo la GL310 “Ballerina”, che rimbalza in modo casuale quando tocca il suolo diffondendo il gas lacrimogeno, la “Seven Bang” che genera sette detonazioni di forte intensità, la GL-311 che provoca una forte denotazione associata agli effetti del gas, e infine il proiettile a lunga gittata GL202. Benché l’impresa Condor neghi di esportare nel Bahrein (ma conferma di esportare i suoi prodotti negli Emirati Arabi Uniti,… che hanno poi dato manforte alla repressione in Bahrein), il gas brasiliano utilizzato per sedare la rivolta contro il regime, in favore della democrazia, conterrebbe sostanze chimiche altamente dannose.
Zeinab al-Khawaja, un’attivista che ha partecipato alla rivolta per la democrazia in Bahrein, ha denunciato tutto questo sulla stampa brasiliana (3).

Le armi chimiche della Condor colpiscono anche in Turchia
Proiettili a gas lacrimogeno della società Condor (in aggiunta ad armi di “tecnologia di difesa” o di “tecnologia non letale” di provenienza statunitense) sono stati utilizzati per sedare i manifestanti in piazza Taksim, e in tante altre parti della Turchia, dall’inizio del movimento di protesta di fine maggio. Amnesty International e sei organizzazioni di medici turchi hanno denunciato la violenza della repressione poliziesca e l’uso improprio e illegale di candelotti a gas lacrimogeni come “armi chimiche”. Queste armi hanno fatto perdere la vista a numerosi manifestanti e hanno causato il decesso di diverse persone in seguito alla loro esposizione ai gas o per l’impatto del proiettile. (4)
Il 3 giugno 2013, Abdullah Cömert, 22 anni, è stato ucciso a Hatay per l’impatto di una granata lacrimogena alla testa; Irfan Tuna è deceduto ad Ankara, il 6 giugno, per un attacco cardiaco provocato da una eccessiva esposizione ai gas. “I gas lacrimogeni sono stati utilizzati in spazi chiusi e la polizia avrebbe anche fatto uso illegale di proiettili di gomma”, ha dichiarato Navi Pillay, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti dell’uomo, il 18 giugno 2013. (5)
Secondo gli ultimi rapporti, dopo circa tre settimane di mobilitazione, la repressione poliziesca in Turchia ha causato la morte di almeno sei persone e quasi 7.500 feriti, di cui 59 feriti gravi. Secondo la Fondazione per i Diritti Umani di Turchia, al 19 giugno 2013 le forze di polizia hanno effettuato 3.224 arresti. Dopo aver utilizzato quasi 130.000 granate lacrimogene in 20 giorni di proteste, la Turchia si trova ora ad affrontare una carenza nelle scorte di questi proiettili e cerca di approvvigionarsi ancora per 100.000 granate lacrimogene e di 60 mezzi corazzati dotati di cannoni ad acqua. (6)

Frammento di granata a gas CS di fabbricazione statunitense sparata dalla polizia sui manifestanti a Tunisi il 9 aprile 2012. La polizia tunisina continua imperturbabile ad attingere alle sue riserve di “gas lacrimogeni” apparentemente inesauribili, per utilizzarli contro tutti i partecipanti alle rivolte, dopo il 14 gennaio 2011, come era usa fare nei periodi precedenti. Recentemente si è potuto notare l’uso di granate fabbricate nel...1986
La campagna internazionale Facing Tear Gas, contro i gas lacrimogeni, lanciata all’inizio del 2012 dall’organizzazione War Resisters League - Lega degli oppositori alla guerra (7) negli Stati Uniti denuncia i gas lacrimogeni come arma di guerra, uno strumento di repressione e di tortura contro i popoli che lottano per una effettiva democrazia. (8)
Repressione violenta contro i popoli, che aspirano ad una più giusta ripartizione delle ricchezze, a tutto vantaggio dei grandi profitti dei venditori di armi
Decessi avvenuti qualche tempo fa, causati dai colpi di granate lacrimogene, Ali Jawad al-Sheikh (un ragazzo di 14 anni assassinato il 31 agosto 2011 in Bahrein), Mustafa Tamimi (28 anni, assassinato nel dicembre 2011 in Cisgiordania) e Dimitris Kotzaridis (lavoratore di 53 anni, morto davanti al Parlamento greco per soffocamento provocato dai gas lacrimogeni nel 2011) non hanno perturbato per nulla il complesso militar-industriale in piena espansione. Nel bel mezzo delle rivoluzioni arabe, le società di armamenti statunitensi hanno esportato qualcosa come 21 tonnellate di munizioni, pari a quasi 40.000 unità di gas lacrimogeno. Più di recente, l’Egitto e la Tunisia hanno potenziato i loro acquisti di materiali “anti-sommossa”, nel momento in cui questi paesi negoziano con il Fondo Monetario Internazionale (FMI) un nuovo piano di indebitamenti accompagnato da un severo programma di austerità. Un improvviso timore di nuove “sommosse contro il FMI”?
Nel 2013, il ministro degli Interni egiziano ha ordinato agli Stati Uniti 140.000 cartucce di gas lacrimogeni. Secondo l’Istituto di Stoccolma SIPRI, “le importazioni [di armi convenzionali] da parte di Stati nord-africani sono aumentate del 350% tra i periodi 2003-2007 e 2008-2012.” (9)
In Spagna, mentre il governo Rajoy effettua tagli in quasi tutte le voci di bilancio e diminuisce perfino il bilancio del Ministero dell’Interno del 6,3%, le spese per nuovi investimenti e rinnovamento di “attrezzature anti-sommossa e dispositivi specifici di protezione e difesa” passano da 173.670 euro nel 2012 a oltre 3 milioni di euro nel 2013. (10)
Ma di fatto, da dove proviene la violenza?
Per giustificare le esportazioni di granate a gas lacrimogeni dagli Stati Uniti verso l’Egitto, il portavoce del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, Patrick Ventrell, ha elogiato i meriti di questo gas chimico CS, affermando che “salva vite umane e protegge la proprietà privata”. (11)
Tuttavia, questo non è stato il caso di Cleonice Vieira de Moraes, donna di 54 anni, che è deceduta il 21 giugno 2013 dopo aver inalato gas lacrimogeno durante una manifestazione a Belém, in Brasile.
Questi medesimi argomenti fallaci vengono utilizzati dalla società Condor, impresa il cui nome richiama un ricordo triste: quello della famosa operazione dallo stesso nome, vero e proprio terrorismo di Stato, responsabile di una campagna di assassini politici orchestrata dalla CIA e dai servizi segreti delle dittature del Cono Sud (Cile, Argentina, Bolivia, Brasile, Paraguay e Uruguay) alla metà degli anni 1970. In piena crisi capitalista, il discorso sicuritario anti.terrorismo (o anti “casseurs”, manifestanti teppisti fracassa-tutto) riceve tanta buona stampa, e le armi di repressione definite molto impropriamente “armi leggere”, o “non letali”, conoscono più crescita di commerci che austerità.
Note
(1) La Russia rivede al rialzo il bilancio, L’Équipe, 11 giugno 2013http://www.lequipe.fr/Football/Actu...
(2) Bruno Fonseca e Natalia Viana, 5 giugno 2013, “Bomba brasileira na pele turca”,http://www.apublica.org/2013/06/gas..., traduzione in spagnolo: “Il Brasile esporta gas lacrimogeno per la repressione in Turchia”, http://www.rebelion.org/noticia.php...
(3) “Alcuni ritengono che il gas lacrimogeno dal Brasile contenga diverse sostanze chimiche. Sicuramente vi è un tipo di ingrediente che, in qualche caso, provoca nelle persone gravi ustioni alla bocca e al sistema respiratorio e altri gravi sintomi. Non abbiamo sicurezze sulla composizione, ma queste reazioni sono veramente spaventose. Questo è un gas ben peggiore del gas lacrimogeno statunitense”, così ha dichiarato al giornale brasiliano O Globo l’attivista per i diritti umani Zeinab al-Khawaja. http://www.huffingtonpost.com/2012/.... Fonte originale O Globo, 9 gennaio 2012, http://oglobo.globo.com/mundo/bahre...
(4) “Turchia. Ricorso scandaloso ad una forza eccessiva da parte della polizia a Istanbul”, Amnesty International, 1/06/2013: http://www.amnesty.org/fr/for-media... e “Turchia: l’uso illegale di gas lacrimogeni viene stigmatizzato, RFI, 21 giugno 2013: http://www.rfi.fr/europe/20130621-t...
(5) Leggere : http://www.un.org/apps/newsFr/story...
(6) Informazione pubblicata dal giornale turco “Milliyet”, e ripresa da diversi media.
(7) War Resisters League, http://www.warresisters.org/
(8) Facing Tear Gas : http://facingteargas.org/
(9) “La Cina scalza la Gran Bretagna dalla quinta posizione mondiale fra i più grandi esportatori di armi”, afferma in un comunicato stampa il SIPRI, Stockholm International Peace Research Institute, 18 marzo 2013, http://www.sipri.org/pdfs/arms-tran...
(10) “Aumenta un 1.780% el gasto en material antidisturbios y protección”, El Mundo, 5 novembre 2012, http://www.elmundo.es/elmundo/2012/...
(11) “Quando questi prodotti vengono usati in modo opportuno, possono salvare vite e proteggere la proprietà privata”, ha affermato il portavoce del Dipartimento di Stato USA Patrick Ventrell.
“L’Egitto importa dagli Stati Uniti gas lacrimogeni per contrastare i manifestanti che si battono per la democrazia”, World Tribune, 26 febbraio 2013. http://www.worldtribune.com/2013/02...
Il catalogo edificante dell'impresa Condor
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giovedì 4 luglio 2013
On 07:18 by SA DEFENZA No comments
I dieci sensi del cervello per sapere dove siamo
Il cervello non ha un unico senso della posizione, ma molti di più: almeno quattro, se non addirittura dieci. Questa concezione modulare del funzionamento cerebrale – individuata attraverso una ricerca su topi da laboratorio - contrasta con tutti i modelli ritenuti validi finora (red)
Come fa il cervello a percepire la propria posizione? Probabilmente usando diversi moduli, che condividono una parte comune – un sistema di posizionamento che traccia i movimenti – ma si distinguono per altre caratteristiche peculiari. È quanto hanno dimostrato i ricercatori del Kavli Institute for Systems Neuroscience della Norwegian University of Science and Technology guidati da Hanne Stensola, che firmano un articolo di resoconto sulla rivista "Nature".
“I nostri sensi della posizione sono almeno quattro ma potrebbero arrivare fino a dieci”, spiega Edward Moser, direttore del Kavli Institute. “Ciascuno di essi ha una propria scala per rappresentare l'ambiente circostante, dalla più fine alla più grossolana. I moduli reagiscono in modo differente ai cambiamenti dell'ambiente, e operano indipendentemente sotto diversi aspetti”.
Questa sorprendente conclusione è stata raggiunta grazie a una ricerca sui topi, in cui sono state condotte estese misurazioni in una regione del cervello delle dimensioni di un seme d'uva, concentrandosi in particolare sulle cellule a griglia, un tipo di cellule specializzate che devono il loro nome alla capacità di formare nel cervello griglie esagonali corrispondenti a una mappa mentale dell'ambiente circostante.

Dopo aver analizzato l'attività di circa 1000 cellule, i ricercatori sono riusciti a concludere che il cervello non possiede un'unica modalità di formazione di una mappa interna della propria posizione, ma diverse. Il numero è ancora incerto: gli autori ritengono che ve ne siano almeno quattro, ma potrebbero essere addirittura dieci.
Questo concetto della modularità cambia completamente il modello di funzionamento del cervello accettato finora, in particolare per quel che riguarda centri deputati al controllo dei centri sensoriali: nella visione standard, infatti, due cellule in zone adiacenti rispondono con schemi attivazione tra loro molto simili. Inoltre, la modularità è stata riscontrata nella corteccia, in aree sensoriali non associate né alla percezione né al movimento.
martedì 2 luglio 2013
On 12:35 by SA DEFENZA No comments
Pubblichiamo questo articolo in primo luogo per i numerosi link di indubbio interesse che vi sono contenuti, e che chiariscono importanti dettagli su quell’anticipo di disclosure rappresentato dall’ormai noto episodio del “fuori onda di Medvedev”.
Quanto al merito principale, ossia sul confronto coperto in corso tra Russia e Usa in merito agli annunci della presenza ET, non è dato sapere nulla di realmente certo vista la grande confusione disinformativa di questo momento, anche se l’imminenza che una divulgazione possa finalmente iniziare è ormai più che palpabile.
Jervé
Un sorprendente report del Ministero degli Affari Esteri ( MAE ) in relazione al primo ministro Medvedev ai lavori del Forum economico mondiale(WEF) di questa settimana afferma che la Russia avverte il presidente Obama che “è giunto il momento” per il mondo di conoscere la verità sugli alieni, e se gli Stati Uniti non parteciperanno all’annuncio, il Cremlino lo farà da solo.
Il World Economic Forum è una fondazione no-profit svizzera, con sede a Cologny, Ginevra e si descrive come un’organizzazione internazionale indipendente impegnata a migliorare lo stato del mondo, deve coinvolgere le imprese, i leader politici, accademici e altri della società per dare forma globale, ai programmi regionali e all’industria.
Il Forum è meglio conosciuto per il suo incontro annuale a Davos, una località di montagna nei Grigioni, nella regione orientale Alpi della Svizzera. L’incontro riunisce circa 2.500 dirigenti aziendali di vertice, leader politici internazionali, intellettuali e giornalisti selezionati per discutere le questioni più urgenti di fronte al mondo, tra cui la salute e per l’ambiente.
Medvedev è previsto che debba aprire il forum di quest‘anno in cui ben 50 capi di governo, tra cui la Germania di Angela Merkel e della Gran Bretagna David Cameron, saranno presenti i cinque giorni di incontri che iniziano il 23 gennaio.
Critico da notare in questo forum anni è che il WEF, nel loro documento 2013 Sintesi, prevista per il dibattito e la discussione di un numero di elementi nel quadro dei loro fattori X di Naturacategoria, e che comprende la “scoperta di vita aliena“, di cui sono stato: ” La prova della vita altrove, nell’universo potrebbe avere profonde implicazioni psicologiche per i sistemi di credenze umane. ”
Altrettanto importante da notare è che Medvedev, dopo aver terminato il 7 dicembre 2012 una intervista filmata con i giornalisti a Mosca, ha continuato a rispondere ai giornalisti e ha fatto alcuni commenti fuori onda “senza rendersi conto che il suo microfono era ancora in corso”. Allora gli è stato chiesto da un giornalista se ” al presidente sono consegnati documenti segreti sugli alieni quando riceve la valigetta necessaria per attivare l’arsenale nucleare russo, e “Medvedev ha risposto :
“Insieme con la valigetta con i codici nucleari, al presidente del paese è data una cartella speciale ‘top secret’. Questa cartella nella sua interezza contiene informazioni sugli alieni che hanno visitato il nostro pianeta … Insieme a questo, è data una relazione del servizio assolutamente segreto speciale che esercita il controllo sul stranieri sul territorio del nostro paese … Per informazioni più dettagliate su questo argomento si può ottenere da un noto film intitolato Men In Black … io non vi dico quanti di loro sono in mezzo a noi, perché può causare il panico. “
Fonti di notizie occidentali di reporting sulla risposta scioccante di Medvedev circa gli alieni ha dichiarato che stava “scherzando”, dal momento che ha ricordato il film Men In Black , che erroneamente è stato giudicato un riferimento a quello americano del 1997, commedia fantascientifica d’avventura su due agenti top secret che combattono gli alieni negli Stati Uniti.

Laddove le fonti di notizie occidentali hanno detto che Medvedev affermasse: ” Informazioni più dettagliate su questo argomento si possono avere da un famoso film intitolato “Men In Black ” “la sua risposta reale è invece stata,”È possibile avere informazioni più dettagliate dopo aver visto il film documentario che ha lo stesso nome ”
La ragione per le prese occidentali di notizie di propaganda parole Medvedev deliberatamente distorcendo diventano evidenti dopo la sua dichiarazione scioccante, e come evidenziato solo un esempio della loro segnalazione così chiamato per questa comunicazione di vita aliena essere già sul nostro pianeta in cui il titolo di tale una articolo era ” il primo ministro russo Dmitri Medvedev fa una crepa sugli alieni, e i cospirazionisti subito perdono la testa. “
Se qualcuno sta “perdendo la testa” a causa degli alieni, si deve sottolineare, non è certamente la Russia, ma il Vaticano, che nel novembre 2009 ha annunciato che si stava ” preparando per la comunicazione della presenza extraterrestre “.
Allo stesso modo, e apparentemente, a “perdere la testa” sono funzionari del governo degli Stati Uniti stessi, come ad esempio l’ex consulente del Pentagono Timothy Good, e autore diAbove Top Secret: The Worldwide UFO Cover-Up, che nel febbraio 2012 ha dichiarato che l’ex presidente Dwight Eisenhower aveva avuto tre incontri segreti con gli alieni che erano di aspetto ‘Nordico’ e con i quali un ‘patto’ è stato firmato per mantenere segreta la loro agenda sulla Terra.
Con la recente scoperta nella città russa di Vladivostok di 300 milioni di anni fa UFO denti della ruota , e gli scienziati, astronauti e gli utenti di YouTube notifica eventi sempre più strani sulla luna , l’agenzia spaziale europea notifica la loro scoperta di un antico 1000 fiume su Marte , e nel Regno Unito e dello Sri Lanka gli scienziati dicono che ora hanno “la prova solida roccia di vita aliena “, dopo aver trovato le alghe fossili all’interno meteorite, gli unici che sembrano essere veramente” perdere le loro menti “sono gli occidentali, in particolare americani, propagandisti che per decenni hanno coperto una delle storie più importanti di tutta la storia umana riguardo al fatto che “non siamo soli”.
Se Medvedev sarà in grado di convincere il regime di Obama a dire la verità su UFO e alieni al WEF di questa settimana non è ancora dato sapere.
Ciò che sappiamo comunque è che, con o senza gli Stati Uniti, sarà il Cremlino sicuramente a iniziare il processo di divulgazione della verità su ciò che noi già sappiamo essere vero.
Fonte italiana: iconicon.it/blog
Fonte originale: http://www.eutimes.net – Attraverso: http://www.whatdoesitmean.com
martedì 25 giugno 2013
On 06:27 by SA DEFENZA No comments
DI REX WEYLER
greenpeace.org
Sappiamo esattamente cosa uccide le api. L’estinzione delle colonie di api in tutto il mondo non è un grande mistero come vorrebbero farci credere le aziende chimiche. La natura sistemica del problema lo rende un affare complesso, ma non impenetrabile. Gli scienziati sanno che le api stanno morendo a causa di una serie di fattori quali pesticidi, siccità, distruzione del loro habitat naturale, riscaldamento globale e così via. Le cause di tale scomparsa sono in relazione tra loro e strettamente connesse ma sappiamo che il responsabile è l’uomo e che le cause principali sono i pesticidi e la distruzione del loro habitat naturale.
I biologi hanno trovato tracce di 150 diversi pesticidi chimici nel polline delle api, un cocktail di pesticidi mortale secondo Eric Mussen, apicoltore della University of California. Le aziende chimiche Bayer, Syngenta, BASF, Dow, DuPont e Monsanto hanno scrollato le spalle per questa complessità sistemica, come se il mistero fosse troppo complesso per essere svelato. Non hanno messo in atto alcun cambiamento in merito alle politiche sui pesticidi. Dopo tutto, la vendita di veleni a coltivatori in tutto il mondo, è vantaggiosa.
Come se non bastasse, l’habitat delle api selvatiche si riduce di anno in anno a causa dell’attività agroindustriale che distrugge praterie e foreste per lasciar spazio alle monocolture che sono contaminate dai pesticidi. Per fermare il processo di estinzione delle api, dobbiamo rivedere il nostro sistema agricolo malato e distruttivo.
La scomparsa delle api
L’Apis mellifera, o ape mellifera, nativa d’Europa, Africa e Asia occidentale, sta scomparendo. Anche l’ape mellifera orientale, o Apis cerana, sta dando i primi segni di estinzione.
Tale estinzione non è un fatto irrilevante. Le api mellifere, sia selvatiche che domestiche, sono responsabili dell’80% dell’impollinazione del nostro pianeta.
Una sola colonia di api può impollinare 300 milioni di fiori ogni giorno. I cereali sono principalmente impollinati dal vento ma i cibi più salutari, quali frutta, noci e verdura sono impollinate dalle api. Settanta delle 100 specie di colture alimentari dell’uomo, che corrispondono al 90% del nutrimento mondiale, sono impollinate dalle api.
Tonio Borg, commissario europeo per la salute e le politiche dei consumatori, ha calcolato che le api “contribuiscono all’agricoltura europea per una cifra pari a 22 miliardi di euro (30 miliardi di dollari US)”. Nel mondo si stima che il valore dell’impollinazione connessa alla produzione di cibo per l’uomo, da parte delle api, superi i 265 miliardi di euro (350 miliardi di dollari US). L’estinzione delle api è una sfida come il riscaldamento globale, l’acidificazione degli oceani e la guerra nucleare. L’uomo difficilmente sopravvivrebbe ad un’estinzione totale delle api.
Le api operaie (femmine) vivono per alcuni mesi. Le colonie producono continuamente nuove api operaie durante il periodo primaverile e in quello estivo. La produzione invece rallenta durante i periodi invernali. Solitamente il numero di api in un alveare o in una colonia diminuisce dal 5 al 10% durante l’inverno per ristabilirsi durante la primavera. Durante gli anni meno fortunati una colonia può perdere il 15-20% delle sue api.
Negli, USA, primo paese in cui le api hanno iniziato a scarseggiare, le perdite invernali raggiungono il 30-50% o peggio. Nel 2006 David Hackenberg, un apicoltore con 42 anni di esperienza, ha rilevato perdite del 90% tra i suoi 3000 alveari. La National Agriculture Statistics Service (NASS, branchia statistica del Dipartimento dell’Agricoltura USA, n.d.t.) dimostra la scomparsa delle api: si è passati da 6 milioni di alveari nel 1947 a 2,4 milioni di alveari nel 2008, una riduzione del 60%.
Il numero delle colonie di api operaie per ettaro fornisce una visione critica sulla salute delle colture. Negli Stati Uniti, tra le coltivazioni che richiedono impollinazione da api, il numero di colonie è diminuito del 90% rispetto al 1962. Le api non fanno in tempo a sostituire le perdite invernali e subiscono la perdita del loro habitat naturale.
L’Europa reagisce ma gli Stati Uniti esitano
In Europa, Asia e Sud America il numero di perdite annuale è inferiore a quello degli Stati Unti, ma la tendenza è simile con una risposta più incisiva. La Rapobank sostiene che in Europa le perdite annuali raggiungono il 30-35% e che il numero di colonie per ettaro è diminuito del 25%. Negli anni ’80, a Sichuan, in Cina, i pesticidi destinati alla coltivazione di pere hanno annientato le api locali e gli agricoltori locali sono ora costretti ad impollinare a mano con i piumini da spolvero. Uno studio scientifico delle Autorità Europee per la Sicurezza Alimentare mostra che tre dei pesticidi più largamente utilizzati (clothiniadina, imidacloprid e thiametoxam), a base di nicotina, costituiscono un rischio elevato per le api.
Un report scientifico di Greenpeace identifica sette principali pesticidi mortali per le api, inclusi i tre colpevoli a base di nicotina, oltre a clorpyriphos, cypermethrin, deltamethrin e fipronil. I tre neonecotinoidi agiscono sul sistema nervoso dell’insetto. Si accumulano nelle singole api e in intere colonie, anche nel miele che usano per sfamare le larve appena nate. Le api che non muoiono immediatamente, subiscono effetti sistemici subletali, difetti dello sviluppo, debolezza e perdita dell’orientamento.
La scomparsa lascia scampo a poche api e quelle che sopravvivono sono deboli e devono lavorare di più per produrre miele in un habitat consumato. E’ questo l’incubo che sta portando alla scomparsa delle colonie d’api.
L’ imidacloprid e il clothianidin sono prodotti e commercializzati dalla Bayer: la thiamethoxam è invece prodotta dalla Syngenta. Nel 2009 questi tre veleni hanno raggiunto un giro d’affari di 2 miliardi di euro sul mercato mondiale. Quasi il 100% del mercato mondiale di pesticidi, piante e semi geneticamente modificati (OGM) è controllato da Syngenta, Bayer, Dow, Monsanto e DuPont. Nel 2012, un tribunale tedesco ha condannato Syngenta per falsa testimonianza per aver nascosto il report prodotto dalla multinazionale stessa che spiegava come il granturco geneticamente modificato avesse causato la morte del bestiame. Negli Stati Uniti l’azienda ha sborsato 105 milioni di dollari per una causa collettiva per aver inquinato l’acqua potabile di oltre 50 milioni di cittadini con il suo pesticida Atrazine. Oggi queste inquinanti aziende finanziano campagne da milioni e milioni di euro per negare le loro responsabilità in relazione alla scomparsa delle colonie d’api.
Lo scorso Maggio, la Commissione Europea ha proibito l’utilizzo dei neonicotinoidi per due anni e un divieto più lungo su altri pesticidi. Gli scienziati utilizzeranno questo tempo per favorire il recupero delle api sul lungo termine.
Nel frattempo gli Stati Uniti tergiversano e sostengono le aziende che producono e commercializzano i veleni mortali. Mentre l’Europa a maggio entrava in azione, l’EPA (Agenzia americana per la protezione dell’ambiente) stava approvando l’uso dei pesticidi nicotinoidi, nonostante il report del ministero americano dell’agricoltura rivelasse i rischi legati alla scomparsa delle colonie d’api. Sempre nello stesso mese, il presidente Obama ha firmato il famigerato “Monsanto Protection Act”, scritto dai lobbisti della Monsanto, grazie al quale le compagnie biotecnologiche ottengono l’immunità nelle corti federali degli Stati Uniti per i danni causati alle persone e all’ambiente dai loro interessi commerciali.
Le soluzioni esistono
Il buonsenso potrebbe risanare e proteggere il mondo delle api. Le soluzioni sono state fornite da gruppi di apicoltori esperti, contadini, dalla Commissione Europea e da un report scritto da Greenpeace, Bees in Decline, e sono le seguenti:
• Proibire i sette pesticidi più pericolosi;
• Proteggere la salute degli impollinatori preservando l’ambiente in cui vivono;
• Ripristinare l’agricoltura biologica.
L’agricoltura biologica è la nuova tendenza verso il futuro che porterà ad una stabilizzazione della produzione di alimenti per l’uomo e alla protezione delle api e del loro habitat. Il Bhutan è il primo paese al mondo ad avere una politica agricola biologica al 100%. Il Messico ha proibito il granturco geneticamente modificato per proteggere le specie native. Lo scorso gennaio otto paesi europei hanno proibito le colture OGM e l’Ungheria ha bruciato più di mille acri di granturco contaminato da varietà OGM. In India, negli ultimi due anni, la scienziata Vandana Shiva con un gruppo di piccoli agricoltori ha iniziato una resistenza biologica contro l’agricoltura intensiva.
L’agricoltura ecologica, o biologica, non è sicuramente una novità. E’ la tecnica agricola più utilizzata nella storia. Le colture bioligiche resistono ai danni provocati dagli insetti evitando le grandi monocolture e preservando la biodiversità. Le colture biologiche ristabiliscono i nutrimenti del terreno con la concimazione, evitano l’erosione del terreno dovuta al vento e al sole ed evitano l’impiego di pesticidi e fertilizzanti chimici.
Ripopolando e rinforzando le colonie d’api l’agricoltura biologica favorisce l’impollinazione che a sua volta favorisce il rendimento agricolo. L’agricoltura biologica sfrutta i servizi naturali dell’ecosistema, la filtrazione dell’acqua, l’impollinazione, la produzione di ossigeno ed il controllo dei parassiti. I coltivatori biologici hanno richiesto un miglior sistema di ricerca e sostegno da parte delle industrie, dei governi, dei coltivatori e del pubblico, per poter sviluppare tecniche di coltura biologica, migliorare la produzione e mantenere sano l’ecosistema. La rivoluzione agricola promuoverebbe diete equilibrate nel mondo e supporterebbe le colture ad uso umano evitando l’utilizzo di terreni per i pascoli e i biocombustibili.
Ecosistemi
La questione delle api è un avvertimento da parte dell’ecosistema che ancora non riusciamo a comprendere completamente. L’agricoltura biologica è parte di una più grande svolta di consapevolezza umana. Gli oppositori delle grandi aziende si aggrappano alla presunta libertà di consumo, guadagno, ignorando l’abbondanza della nostra terra in favore dei profitti. Ma l’accumulo di denaro non ci aiuterà contro l’estinzione, non riporterà i terreni perduti, né curerà le colonie di api del mondo.
L’umanità subirà severe punizioni se non rimedia ai propri errori. L’equilibrio dei sistemi che regolano la terra è delicato e potrebbero raggiungere il punto di non ritorno e collassare. Le api ad esempio lavorano per un tornaconto modesto e marginale rispetto all’energia che mettono per raccogliere il nutrimento per le colonie. Nei periodi invernali, quando le morti aumentano dal 10 al 50% , le rimanenti api sono indebolite dalle tossine e l’habitat si restringe in quel modo, il ritorno in termini di energia è quasi a livello zero. Muoiono più api, raggiungono in poche l’età adulta e intere colonie sono distrutte. Questa crisi è una lezione fondamentale di ecologia.
Rachel Carson ha predetto questi problemi sistemici 50 anni fa. Gli ecologisti ed ambientalisti ne parlano da allora. La scomparsa delle colonie d’api, il riscaldamento globale, la distruzione delle foreste e l’estinzione sono le emergenze ambientali più urgenti. Salvare le api sembra uno dei nodi principali per ristabilire l’equilibrio ecologico del pianeta.
Rex Weyler
Fonte: www.greenpeace.org
Link: http://www.greenpeace.org/international/en/news/Blogs/makingwaves/honey-bee-collapse-a-lesson-in-ecology/blog/45357/
10.06.2013
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CRISTINA REYMONDET FOCHIRA
greenpeace.org
Sappiamo esattamente cosa uccide le api. L’estinzione delle colonie di api in tutto il mondo non è un grande mistero come vorrebbero farci credere le aziende chimiche. La natura sistemica del problema lo rende un affare complesso, ma non impenetrabile. Gli scienziati sanno che le api stanno morendo a causa di una serie di fattori quali pesticidi, siccità, distruzione del loro habitat naturale, riscaldamento globale e così via. Le cause di tale scomparsa sono in relazione tra loro e strettamente connesse ma sappiamo che il responsabile è l’uomo e che le cause principali sono i pesticidi e la distruzione del loro habitat naturale.
I biologi hanno trovato tracce di 150 diversi pesticidi chimici nel polline delle api, un cocktail di pesticidi mortale secondo Eric Mussen, apicoltore della University of California. Le aziende chimiche Bayer, Syngenta, BASF, Dow, DuPont e Monsanto hanno scrollato le spalle per questa complessità sistemica, come se il mistero fosse troppo complesso per essere svelato. Non hanno messo in atto alcun cambiamento in merito alle politiche sui pesticidi. Dopo tutto, la vendita di veleni a coltivatori in tutto il mondo, è vantaggiosa.
Come se non bastasse, l’habitat delle api selvatiche si riduce di anno in anno a causa dell’attività agroindustriale che distrugge praterie e foreste per lasciar spazio alle monocolture che sono contaminate dai pesticidi. Per fermare il processo di estinzione delle api, dobbiamo rivedere il nostro sistema agricolo malato e distruttivo.
La scomparsa delle api
L’Apis mellifera, o ape mellifera, nativa d’Europa, Africa e Asia occidentale, sta scomparendo. Anche l’ape mellifera orientale, o Apis cerana, sta dando i primi segni di estinzione.
Tale estinzione non è un fatto irrilevante. Le api mellifere, sia selvatiche che domestiche, sono responsabili dell’80% dell’impollinazione del nostro pianeta.
Una sola colonia di api può impollinare 300 milioni di fiori ogni giorno. I cereali sono principalmente impollinati dal vento ma i cibi più salutari, quali frutta, noci e verdura sono impollinate dalle api. Settanta delle 100 specie di colture alimentari dell’uomo, che corrispondono al 90% del nutrimento mondiale, sono impollinate dalle api.
Tonio Borg, commissario europeo per la salute e le politiche dei consumatori, ha calcolato che le api “contribuiscono all’agricoltura europea per una cifra pari a 22 miliardi di euro (30 miliardi di dollari US)”. Nel mondo si stima che il valore dell’impollinazione connessa alla produzione di cibo per l’uomo, da parte delle api, superi i 265 miliardi di euro (350 miliardi di dollari US). L’estinzione delle api è una sfida come il riscaldamento globale, l’acidificazione degli oceani e la guerra nucleare. L’uomo difficilmente sopravvivrebbe ad un’estinzione totale delle api.
Le api operaie (femmine) vivono per alcuni mesi. Le colonie producono continuamente nuove api operaie durante il periodo primaverile e in quello estivo. La produzione invece rallenta durante i periodi invernali. Solitamente il numero di api in un alveare o in una colonia diminuisce dal 5 al 10% durante l’inverno per ristabilirsi durante la primavera. Durante gli anni meno fortunati una colonia può perdere il 15-20% delle sue api.
Negli, USA, primo paese in cui le api hanno iniziato a scarseggiare, le perdite invernali raggiungono il 30-50% o peggio. Nel 2006 David Hackenberg, un apicoltore con 42 anni di esperienza, ha rilevato perdite del 90% tra i suoi 3000 alveari. La National Agriculture Statistics Service (NASS, branchia statistica del Dipartimento dell’Agricoltura USA, n.d.t.) dimostra la scomparsa delle api: si è passati da 6 milioni di alveari nel 1947 a 2,4 milioni di alveari nel 2008, una riduzione del 60%.
Il numero delle colonie di api operaie per ettaro fornisce una visione critica sulla salute delle colture. Negli Stati Uniti, tra le coltivazioni che richiedono impollinazione da api, il numero di colonie è diminuito del 90% rispetto al 1962. Le api non fanno in tempo a sostituire le perdite invernali e subiscono la perdita del loro habitat naturale.
L’Europa reagisce ma gli Stati Uniti esitano
In Europa, Asia e Sud America il numero di perdite annuale è inferiore a quello degli Stati Unti, ma la tendenza è simile con una risposta più incisiva. La Rapobank sostiene che in Europa le perdite annuali raggiungono il 30-35% e che il numero di colonie per ettaro è diminuito del 25%. Negli anni ’80, a Sichuan, in Cina, i pesticidi destinati alla coltivazione di pere hanno annientato le api locali e gli agricoltori locali sono ora costretti ad impollinare a mano con i piumini da spolvero. Uno studio scientifico delle Autorità Europee per la Sicurezza Alimentare mostra che tre dei pesticidi più largamente utilizzati (clothiniadina, imidacloprid e thiametoxam), a base di nicotina, costituiscono un rischio elevato per le api.
Un report scientifico di Greenpeace identifica sette principali pesticidi mortali per le api, inclusi i tre colpevoli a base di nicotina, oltre a clorpyriphos, cypermethrin, deltamethrin e fipronil. I tre neonecotinoidi agiscono sul sistema nervoso dell’insetto. Si accumulano nelle singole api e in intere colonie, anche nel miele che usano per sfamare le larve appena nate. Le api che non muoiono immediatamente, subiscono effetti sistemici subletali, difetti dello sviluppo, debolezza e perdita dell’orientamento.
La scomparsa lascia scampo a poche api e quelle che sopravvivono sono deboli e devono lavorare di più per produrre miele in un habitat consumato. E’ questo l’incubo che sta portando alla scomparsa delle colonie d’api.
L’ imidacloprid e il clothianidin sono prodotti e commercializzati dalla Bayer: la thiamethoxam è invece prodotta dalla Syngenta. Nel 2009 questi tre veleni hanno raggiunto un giro d’affari di 2 miliardi di euro sul mercato mondiale. Quasi il 100% del mercato mondiale di pesticidi, piante e semi geneticamente modificati (OGM) è controllato da Syngenta, Bayer, Dow, Monsanto e DuPont. Nel 2012, un tribunale tedesco ha condannato Syngenta per falsa testimonianza per aver nascosto il report prodotto dalla multinazionale stessa che spiegava come il granturco geneticamente modificato avesse causato la morte del bestiame. Negli Stati Uniti l’azienda ha sborsato 105 milioni di dollari per una causa collettiva per aver inquinato l’acqua potabile di oltre 50 milioni di cittadini con il suo pesticida Atrazine. Oggi queste inquinanti aziende finanziano campagne da milioni e milioni di euro per negare le loro responsabilità in relazione alla scomparsa delle colonie d’api.
Lo scorso Maggio, la Commissione Europea ha proibito l’utilizzo dei neonicotinoidi per due anni e un divieto più lungo su altri pesticidi. Gli scienziati utilizzeranno questo tempo per favorire il recupero delle api sul lungo termine.
Nel frattempo gli Stati Uniti tergiversano e sostengono le aziende che producono e commercializzano i veleni mortali. Mentre l’Europa a maggio entrava in azione, l’EPA (Agenzia americana per la protezione dell’ambiente) stava approvando l’uso dei pesticidi nicotinoidi, nonostante il report del ministero americano dell’agricoltura rivelasse i rischi legati alla scomparsa delle colonie d’api. Sempre nello stesso mese, il presidente Obama ha firmato il famigerato “Monsanto Protection Act”, scritto dai lobbisti della Monsanto, grazie al quale le compagnie biotecnologiche ottengono l’immunità nelle corti federali degli Stati Uniti per i danni causati alle persone e all’ambiente dai loro interessi commerciali.
Le soluzioni esistono
Il buonsenso potrebbe risanare e proteggere il mondo delle api. Le soluzioni sono state fornite da gruppi di apicoltori esperti, contadini, dalla Commissione Europea e da un report scritto da Greenpeace, Bees in Decline, e sono le seguenti:
• Proibire i sette pesticidi più pericolosi;
• Proteggere la salute degli impollinatori preservando l’ambiente in cui vivono;
• Ripristinare l’agricoltura biologica.
L’agricoltura biologica è la nuova tendenza verso il futuro che porterà ad una stabilizzazione della produzione di alimenti per l’uomo e alla protezione delle api e del loro habitat. Il Bhutan è il primo paese al mondo ad avere una politica agricola biologica al 100%. Il Messico ha proibito il granturco geneticamente modificato per proteggere le specie native. Lo scorso gennaio otto paesi europei hanno proibito le colture OGM e l’Ungheria ha bruciato più di mille acri di granturco contaminato da varietà OGM. In India, negli ultimi due anni, la scienziata Vandana Shiva con un gruppo di piccoli agricoltori ha iniziato una resistenza biologica contro l’agricoltura intensiva.
L’agricoltura ecologica, o biologica, non è sicuramente una novità. E’ la tecnica agricola più utilizzata nella storia. Le colture bioligiche resistono ai danni provocati dagli insetti evitando le grandi monocolture e preservando la biodiversità. Le colture biologiche ristabiliscono i nutrimenti del terreno con la concimazione, evitano l’erosione del terreno dovuta al vento e al sole ed evitano l’impiego di pesticidi e fertilizzanti chimici.
Ripopolando e rinforzando le colonie d’api l’agricoltura biologica favorisce l’impollinazione che a sua volta favorisce il rendimento agricolo. L’agricoltura biologica sfrutta i servizi naturali dell’ecosistema, la filtrazione dell’acqua, l’impollinazione, la produzione di ossigeno ed il controllo dei parassiti. I coltivatori biologici hanno richiesto un miglior sistema di ricerca e sostegno da parte delle industrie, dei governi, dei coltivatori e del pubblico, per poter sviluppare tecniche di coltura biologica, migliorare la produzione e mantenere sano l’ecosistema. La rivoluzione agricola promuoverebbe diete equilibrate nel mondo e supporterebbe le colture ad uso umano evitando l’utilizzo di terreni per i pascoli e i biocombustibili.
Ecosistemi
La questione delle api è un avvertimento da parte dell’ecosistema che ancora non riusciamo a comprendere completamente. L’agricoltura biologica è parte di una più grande svolta di consapevolezza umana. Gli oppositori delle grandi aziende si aggrappano alla presunta libertà di consumo, guadagno, ignorando l’abbondanza della nostra terra in favore dei profitti. Ma l’accumulo di denaro non ci aiuterà contro l’estinzione, non riporterà i terreni perduti, né curerà le colonie di api del mondo.
L’umanità subirà severe punizioni se non rimedia ai propri errori. L’equilibrio dei sistemi che regolano la terra è delicato e potrebbero raggiungere il punto di non ritorno e collassare. Le api ad esempio lavorano per un tornaconto modesto e marginale rispetto all’energia che mettono per raccogliere il nutrimento per le colonie. Nei periodi invernali, quando le morti aumentano dal 10 al 50% , le rimanenti api sono indebolite dalle tossine e l’habitat si restringe in quel modo, il ritorno in termini di energia è quasi a livello zero. Muoiono più api, raggiungono in poche l’età adulta e intere colonie sono distrutte. Questa crisi è una lezione fondamentale di ecologia.
Rachel Carson ha predetto questi problemi sistemici 50 anni fa. Gli ecologisti ed ambientalisti ne parlano da allora. La scomparsa delle colonie d’api, il riscaldamento globale, la distruzione delle foreste e l’estinzione sono le emergenze ambientali più urgenti. Salvare le api sembra uno dei nodi principali per ristabilire l’equilibrio ecologico del pianeta.
Rex Weyler
Fonte: www.greenpeace.org
Link: http://www.greenpeace.org/international/en/news/Blogs/makingwaves/honey-bee-collapse-a-lesson-in-ecology/blog/45357/
10.06.2013
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CRISTINA REYMONDET FOCHIRA
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